Archiviata la trasferta francese de "Il passato", in attesa di ripartire con destinazione Spagna per un nuovo progetto sotto l'egida di Pedro Almodovar, il premio Oscar Asghar Farhadi sosta a Teheran per regalarci un altro, straordinario affresco sulle relazioni umane osservate dal punto di vista della giovane borghesia intellettuale iraniana; nonché un atipico revenge movie.
Emad (Shahab Hosseini),
insegnante dall'approccio moderno e progressista molto amato dagli
studenti, e sua moglie Rana (Taraneh Alidoosti) vivono in un palazzo che sta crollando a
causa degli scavi a scopo edilizio nel cortile di fronte. Si ritrovano costretti a evacuarlo in
fretta insieme agli altri inquilini.
Entrambi sono anche attori teatrali alle prese con l'allestimento di "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, in cui interpretano i protagonisti Willy e Linda Loman.
Il loro collega di palcoscenico Babak (Babak Karimi) li aiuta a trovare un nuovo alloggio, offrendo un suo appartamento. I coniugi però non sanno che la precedente inquilina era una prostituta, molto chiacchierata dai vicini. Un giorno Rana apre inavvertitamente la porta a un cliente della donna e subisce, in bagno, un'aggressione dai contorni non chiari. Mentre Rana rimane in stato di shock, nei giorni seguenti Emad raccoglie, con mezzi discutibili, gli indizi necessari per risalire all'uomo e fare giustizia in proprio, prima all'insaputa poi con la disapprovazione della moglie, consumando così una cieca vendetta.
Entrambi sono anche attori teatrali alle prese con l'allestimento di "Morte di un commesso viaggiatore" di Arthur Miller, in cui interpretano i protagonisti Willy e Linda Loman.
Il loro collega di palcoscenico Babak (Babak Karimi) li aiuta a trovare un nuovo alloggio, offrendo un suo appartamento. I coniugi però non sanno che la precedente inquilina era una prostituta, molto chiacchierata dai vicini. Un giorno Rana apre inavvertitamente la porta a un cliente della donna e subisce, in bagno, un'aggressione dai contorni non chiari. Mentre Rana rimane in stato di shock, nei giorni seguenti Emad raccoglie, con mezzi discutibili, gli indizi necessari per risalire all'uomo e fare giustizia in proprio, prima all'insaputa poi con la disapprovazione della moglie, consumando così una cieca vendetta.
Qualche coordinata
Il titolo italiano "Il cliente", che ricalca il "Le client" scelto dal distributore francese, ribalta il
focus del titolo originale, che significa invece "Il venditore", in conformità al Salesman di Miller e con riferimento all'attività lavorativa dell'aggressore di Rana, Naser (Farid Sajjadi Hosseini).
L'arte di Farhadi affonda le radici, oltre che nei serial televisivi, proprio nel teatro di prosa, che il cineasta ha frequentato in giovane età in qualità di attore, regista, drammaturgo. Mai nascosta, questa origine era già evidente nell'impostazione di scrittura e regia dei film precedenti. Qui si traduce in un parallelismo, tutt'altro che scolastico, con la pièce americana.
L'arte di Farhadi affonda le radici, oltre che nei serial televisivi, proprio nel teatro di prosa, che il cineasta ha frequentato in giovane età in qualità di attore, regista, drammaturgo. Mai nascosta, questa origine era già evidente nell'impostazione di scrittura e regia dei film precedenti. Qui si traduce in un parallelismo, tutt'altro che scolastico, con la pièce americana.
Una novità è invece la citazione di un classico del cinema prerivoluzionario, "The Cow" (1969) di Dariush Mehrjui, proiettato in classe da Emad agli alunni. Farhadi, che nell'orazione funebre per Kiarostami ha ringraziato quest'ultimo per aver fatto conoscere il cinema iraniano nel mondo, sembra guardare a una stagione precedente, quella della prima nouvelle vague locale, che risale agli anni 60. Un cinema innovativo per l'epoca, ma più tradizionale rispetto a quello degli 80-90. Anche in questo caso, nulla che non emergesse da una visione attenta della sua filmografia. Un lato però interessante è che il richiamo a classici coevi è comune anche a un'altra pellicola recente, "A Dragon Arrives!" (2016) di Mani Haghighi, che omaggia ampiamente "Mattone e specchio" (1964) di Ebrahim Golestan (per altro nonno del regista). Che sia in atto una tendenza a ripudiare i padri e riscoprire i nonni?
Tornando a "Il cliente", è palese il parallelo con l'opera dello scrittore Saedi portata sul grande schermo da Mehrjui, che racconta di un uomo che impazzisce e si immedesima nella sua defunta vacca: "Professore, questa storia è vera?" "No, ma in un certo senso sì, le atmosfere e le tipologie di personaggi e le relazioni sono molto, molto vere". "Come si fa a diventare una bestia?" "Con il tempo". Chiaramente il dialogo a scuola, nei primi minuti di pellicola, anticipa metaforicamente l'imbarbarimento di Emad.
Più da interpretare il riferimento a "Morte di un commesso viaggiatore". Ci aiuta lo stesso Farhadi, prodigo di spiegazioni del suo film: È un'opera di critica sociale su un periodo di storia americana in cui la brusca trasformazione urbana, la modernizzazione, ha schiacciato la parte di società che non è riuscita ad adattarsi. La New York di allora somiglia alla Teheran odierna: una città che cambia a ritmo vorticoso e abbatte ciò che è vecchio, palazzi al posto di frutteti e giardini.
Possiamo aggiungere che le indicazioni di regia di Miller, rispettate nello spettacolo allestito nel film, sono volte all'abbattimento delle pareti tra un ambiente di scena e l'altro. In modo analogo, il film si svolge tra case che crollano - con Emad che, in un primo moto di giustizia fai da te, esclama che vorrebbe abbatterle e ricostruirle (ma Babak replica: "Il problema è che le hanno già buttate giù una volta, e questo è il risultato”) -, interni poco o affatto arredati, dialoghi su balconi o scale con vista sulla città.
Più chiari i riferimenti al dramma milleriano per quanto concerne la crisi dell'istituzione-famiglia e - collegamento a doppio filo - l'indossare pirandellianamente una maschera da parte dei rispettivi protagonisti, che alla lunga svelano comportamenti viscerali. Non a caso la scena madre che vediamo, poi sentiamo una seconda volta, è quella di Loman scoperto con l'amante dal figlio; rivelazione che marchia la psiche di quest'ultimo e di riflesso le sorti di tutta la famiglia. Nel film, un figlio è il grande assente: Emad rivela a Babak che dall'essere in due potrebbero diventare tre. Sembra una boutade, ma in seguito Emad pare viverla diversamente; inoltre, gli unici momenti di serenità e distrazione in famiglia, invero di breve durata, sono determinati dalla presenza di un nipotino, ospite per una sera.
Tornando a "Il cliente", è palese il parallelo con l'opera dello scrittore Saedi portata sul grande schermo da Mehrjui, che racconta di un uomo che impazzisce e si immedesima nella sua defunta vacca: "Professore, questa storia è vera?" "No, ma in un certo senso sì, le atmosfere e le tipologie di personaggi e le relazioni sono molto, molto vere". "Come si fa a diventare una bestia?" "Con il tempo". Chiaramente il dialogo a scuola, nei primi minuti di pellicola, anticipa metaforicamente l'imbarbarimento di Emad.
Più da interpretare il riferimento a "Morte di un commesso viaggiatore". Ci aiuta lo stesso Farhadi, prodigo di spiegazioni del suo film: È un'opera di critica sociale su un periodo di storia americana in cui la brusca trasformazione urbana, la modernizzazione, ha schiacciato la parte di società che non è riuscita ad adattarsi. La New York di allora somiglia alla Teheran odierna: una città che cambia a ritmo vorticoso e abbatte ciò che è vecchio, palazzi al posto di frutteti e giardini.
Possiamo aggiungere che le indicazioni di regia di Miller, rispettate nello spettacolo allestito nel film, sono volte all'abbattimento delle pareti tra un ambiente di scena e l'altro. In modo analogo, il film si svolge tra case che crollano - con Emad che, in un primo moto di giustizia fai da te, esclama che vorrebbe abbatterle e ricostruirle (ma Babak replica: "Il problema è che le hanno già buttate giù una volta, e questo è il risultato”) -, interni poco o affatto arredati, dialoghi su balconi o scale con vista sulla città.
Più chiari i riferimenti al dramma milleriano per quanto concerne la crisi dell'istituzione-famiglia e - collegamento a doppio filo - l'indossare pirandellianamente una maschera da parte dei rispettivi protagonisti, che alla lunga svelano comportamenti viscerali. Non a caso la scena madre che vediamo, poi sentiamo una seconda volta, è quella di Loman scoperto con l'amante dal figlio; rivelazione che marchia la psiche di quest'ultimo e di riflesso le sorti di tutta la famiglia. Nel film, un figlio è il grande assente: Emad rivela a Babak che dall'essere in due potrebbero diventare tre. Sembra una boutade, ma in seguito Emad pare viverla diversamente; inoltre, gli unici momenti di serenità e distrazione in famiglia, invero di breve durata, sono determinati dalla presenza di un nipotino, ospite per una sera.
Sessuofobia e censura, maschilismo e contrappasso
La consueta (nei film di Farhadi) complessità di personaggi e situazioni fa sì che il protagonista non sia l'unico a celare un'indole diversa dalle apparenze. Il discorso vale anche per Babak e a contrario per Naser, il quale, per stare alla metafora pirandelliana, vorrebbe tanto indossare di nuovo quella maschera che gli eventi gli hanno fatto togliere.
Le occasioni di imbarazzo e ipocrisia sono offerte dal convitato di pietra della vicenda, la meretrice senza nome che mai vediamo e a cui i personaggi si riferiscono utilizzando perifrasi ("questa tipa", "quella donna"). Per estensione, è la sfera sessuale repressa, in una società sessuofobica, che smuove gli eventi e che cambia la prospettiva dei personaggi e dello spettatore sui personaggi. Così, l'altruista e disinteressato Babak può sembrare un depravato, mentre il mostro Naser risulta un innocuo anziano amatissimo dalla famiglia, vittima di un'innocente debolezza (ma in fondo anche la prostituta parrebbe solo una povera donna con un figlio da mantenere).
Le occasioni di imbarazzo e ipocrisia sono offerte dal convitato di pietra della vicenda, la meretrice senza nome che mai vediamo e a cui i personaggi si riferiscono utilizzando perifrasi ("questa tipa", "quella donna"). Per estensione, è la sfera sessuale repressa, in una società sessuofobica, che smuove gli eventi e che cambia la prospettiva dei personaggi e dello spettatore sui personaggi. Così, l'altruista e disinteressato Babak può sembrare un depravato, mentre il mostro Naser risulta un innocuo anziano amatissimo dalla famiglia, vittima di un'innocente debolezza (ma in fondo anche la prostituta parrebbe solo una povera donna con un figlio da mantenere).
Non sappiamo cosa sia successo esattamente nel bagno, anche perché la censura impone ai cineasti iraniani di non mostrare i contatti, potenzialmente passionali, tra uomo e donna (e Rana sostiene di aver sentito una mano sui capelli, ma nega a Emad che ci sia stato "qualcosa che non si può dire": riecco la perifrasi e l'autocensura). Così la conseguenza è che noi spettatori siamo partecipi di uno sviluppo drammaturgico che parte da un evento a cui non abbiamo assistito. A cui non potevamo assistere. Similmente, nello spettacolo l'amante sostiene di essere nuda, ma è per forza completamente vestita e questo genera l'ilarità di un altro attore. L'allestimento del "Commesso viaggiatore" provoca anche discussioni con le autorità governative.
Se la prostituta assente è il motore della prima parte del film, Emad si autoassegna il ruolo di demiurgo della seconda. Una persona benestante, istruita e colta (per i cinefili: si intravvede il dvd di "Uzak" su uno scaffale) reagisce in modo ultraconservatore, al limite della legalità (per le indagini approfitta del padre di uno studente che ha accesso agli archivi della prefettura), in modo sproporzionato (invade più volte l'altrui privacy), irascibile (diventa severo con gli studenti), ossequioso di precetti religiosi (getta il cibo comprato coi soldi sporchi di Naser), profondamente maschilista.
È Rana a
subire l'affronto ed è lei che rifiuta di sporgere denuncia.
Sappiamo che il diritto penale non tutela adeguatamente (per dirla
con un eufemismo) le donne iraniane per i reati a sfondo sessuale. Ma
è Emad che, in maniera retriva e tradizionalista, si sente disonorato, si preoccupa delle dicerie sul loro conto, in ultima istanza si arroga il diritto di decidere per la donna.
Di fronte a un colpevole di estrazione sociale più umile (il confronto tra ceti è altro tema tipico farhadiano), il giustiziere applica la tribale pena del contrappasso e sceglie il ludibrio privato in famiglia; come i vicini - siamo in una casa popolare - proponevano il ludibrio pubblico in strada. Emad perde ogni sovrastruttura di civiltà e si abbandona al moralismo reazionario, arcaico almeno quanto quello degli abitanti di quei palazzi che voleva distruggere; peggio, senza pietà per una persona che palesa anche evidenti problemi di salute, a cui anzi impedisce il soccorso medico. Un'involuzione agghiacciante, che il film tratteggia con complessità e credibilità magistrali.
I solisti
Senza nulla togliere alla sensibile Taraneh Alidoosti, il grande mattatore è Shahab Hosseini, che si dimostra molto versatile nell'interpretare altrettanto magnificamente un personaggio assai diverso dall'ignorante e umile, patetico e impulsivo Houjat di "Una separazione". Farhadi lo fa rendere sempre al meglio, anche se in altri film Hosseini è più trasformista ("Resident of the Middle Floor", sua anche la regia) o più virtuosistico ("The Painting Pool" di Maziar Miri). Con "Il cliente" ha vinto il Prix come migliore attore a Cannes. Questo prestigioso premio non ha precedenti, nessun attore connazionale l'aveva ottenuto. Alla Croisette è stata premiata anche la sceneggiatura del film.
Indimenticabile è però anche Naser, interpretato con bravura e partecipazione da Farid Sajjadi Hosseini.
Discorso a parte per Babak Karimi, il cui personaggio è solo apparentemente secondario, in realtà complesso, emblematico e cruciale. Karimi si doppia da solo e cura i dialoghi italiani. In questo intervento a Hollywood Party, dal minuto 10, racconta i seguenti aneddoti sulla lavorazione del film:
- Il casting per i personaggi secondari è stato fatto sui social network: Farhadi ha chiesto ai suoi fan di inviare un video di tre minuti in cui si presentassero. I video pervenuti sono stati innumerevoli.
- Karimi ha avuto modo di leggere due sceneggiature complete alternative, prima della definitiva; con personaggi che poi sono spariti e scene de "Il commesso" talmente estese da far prendere in considerazione un allestimento teatrale vero e proprio dello spettacolo.
Qualcuno sa dirmi perché Emad fa il segno della croce a un certo punto?
RispondiEliminaOttima domanda, l'ho fatta anch'io in un gruppo Facebook frequentato da iraniani, senza ottenere risposta. Ma sono abbastanza certo che stia imitando i cristiani. Come se noi facessimo il gesto di abbassare entrambe le braccia per pregare come i musulmani.
EliminaGrazie per aver risposto ! Dici che c'era del sarcasmo nel gesto? Hai notato che si parla solo di "dio" e non traducono mai con "galla"? Forse ora inizio a capire...
EliminaAllah
EliminaA me è parso un gesto del tutto innocente, senza sarcasmo
EliminaAllah significa Dio in arabo e in altre lingue mediorientali. Non indica necessariamente quello dei musulmani, pertanto è giusto tradurlo con Dio
EliminaQualcuno sa dirmi perché Emad fa il segno della croce a un certo punto?
RispondiEliminaNon vedevo nel sarcasmo un accusa... Quindi secondo te "ingenuamente" cosa intende dire fare il segno della croce? Qual è il significato che vedi in questa scelta
RispondiEliminaPer quel che ricordo, poteva equivalere a uno 'speriamo, se Dio vuole', inteso come un intercalare, senza connotati religiosi. Attendo però il dvd per rivedere la sequenza.
EliminaGrazie Claudio
RispondiEliminaGrazie a te per i commenti!
Eliminagrazie per aver arricchito la visione con una serie di dettagli e riferimenti che solo un profondo conoscitore della Storia del Cinema Iraniano poteva fornire.
RispondiEliminaAd es. Durante la visione mi chiedevo quale fosse il significato la citazione del film proiettato in classe;e ora mi chiedo e ti chiedo se l'addormentamento di Emad durante la proiezione non volesse essere una ironica presa di distanza da quel cinema, ma tu sembri escluderlo, o piuttosto, alla luce di ciò che hai scritto, un ulteriore possibile tassello nel percorso di imbarbarimento interiore e esteriore del protagonista?
Ciao Federico, grazie per il commento e per i complimenti! Questo scambio mi riporta ai bei tempi del vostro cineforum. La tua è una lettura interessante. Io attribuirei il sonno semplicemente alla stanchezza e allo stress accumulati da Emad in quei giorni concitati. Ma tutto può essere, in Farhadi nulla è casuale, la sua precisione di scrittura moltiplica all'infinito i punti di vista. Il film ti è piaciuto?
EliminaBeh caro Satyajit ;) , purtroppo il mio rapporto con il Cinema si è "raffreddato" col tempo per innumerevoli motivi, anche logistici, ma il magma della passione per la settima arte non ha mai smesso di pulsare!
RispondiEliminaCerto che il film mi è piaciuto, e soprattutto è piaciuto anche a mia moglie, il che apre una breccia verso la possibilità di recuperare i Farhadi precedenti in retrospettiva casalinga.
Al di là di quella vaga sensazione di dejavù dovuta ai miei ricordi, nemmeno troppo nitidi, di "Un borghese piccolo piccolo", semplicemente legati all'escalation di perdita di controllo che accomuna i 2 protagonisti, le domande che il regista/sceneggiatore pone allo spettatore, soprattutto di sessomaschile, sono tante e molto dirette, quindi pur non conoscendo molto l'aspetto sociologico iraniano e musulmano mi sono sentito a tratti chiamato direttamente in causa e, in un certo qual modo, "accusato", il che mi ha coinvolto molto a livello emotivo. Forse anche questo rientra in quel "in Farhadi nulla è casuale".
Comunque dopo "La mela" (meraviglioso! una folgorazione!) e "Il cerchio" questo, se la memoria non mi inganna, è solo il terzo film iraniano che vedo e, visto che le visioni mi hanno sempre soddisfatto, è ora di recuperare terreno.
Recupera, recupera! In questo blog trovi una guida. E sei hai bisogno chiedi!
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