Quest'anno ricorre il quarantennale della Rivoluzione iraniana. Uno degli episodi più drammatici di quegli eventi fu l'incendio del cinema Rex di Abadan - la città sul Golfo Persico che ha dato i natali ad Amir Naderi - avvenuto il 19 agosto 1978.
Non si trattò di un caso isolato: i fondamentalisti islamici avevano preso di mira le sale cinematografiche, colpendone e danneggiandone un terzo del totale. Per queste fazioni, i film incarnavano la corruzione morale del paese e l'opprimente influenza dell'Occidente, riscontrabile anche nelle pellicole prodotte in patria. Un rigetto che andava ben oltre la semplice iconoclastia della tradizione dell'Islam.
Proprio contro il rischio di attentati, le autorità avevano sigillato dall'esterno le uscite di sicurezza del Rex. In programma c'era "The Deer" di Masoud Kimai, un film nient'affatto di propaganda governativa, ma che affronta temi delicati, o scabrosi dal punto di vista dei fanatici, come la tossicodipendenza e il contrabbando. Oggi è considerato uno dei capolavori del cinema nazionale.
Quattro persone si introdussero nel locale, ciascuno di loro portando ciò che appariva come una confezione di snack, ma che in realtà conteneva benzina. Nel corso della proiezione, due di loro si allontanarono come per andare i bagno; cosparsero invece di liquido infiammabile le porte di legno e i corridoi della sala, e appiccarono il fuoco. L'incendio andò avanti quasi tutta la notte, le urla delle vittime si protrassero per ore e si udirono a centinaia di metri di distanza. Il numero dei morti è tuttora indefinito, varia dagli oltre trecento ai circa settecento, a seconda delle fonti. Un uomo perse dieci figli nell'attentato.
Mentre il governo accusò subito dell'incendio l'opposizione religiosa, dal suo esilio iracheno Khomeini convinse gran parte dell'opinione pubblica che i responsabili fossero lo scià e la Savak, la polizia politica. Ovviamente nessuno poteva rivendicare un'azione dagli esiti così atroci, ma il dramma, oltre a scuotere enormemente la città e la nazione, rafforzò il consenso degli ayatollah. Indagini e testimonianze successive, compresa quella di uno dei piromani, hanno accertato l'appartenenza dei terroristi a milizie vicine a esponenti di primo piano del clero sciita.
Sappiamo bene che la Repubblica islamica non ha nemmeno oggi un rapporto pacificato col cinema e con la libertà di espressione artistica. Tuttavia, dopo essersi assicurati gli scranni del potere, Khomeini e i suoi non si sono dichiarati contrari al cinema in assoluto, ma hanno consentito la realizzazione di film sottoposti a nuove ferree regole censorie. Non prima però di aver adottato misure draconiane contro i produttori e i cast più in vista del passato regime e contro gli stessi vecchi film, fatti sparire o rimaneggiati pesantemente.
Quanto alla tragedia del Rex di Abadan, è rimasta salda nella memoria collettiva. È stata inoltre raccontata in tanti documentari e rievocata in film di finzione come "In the Alleys of Love" di Khosrow Sinai.
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