Il quotidiano Arab News riporta un’intervista rilasciata via Skype da Mohammad Rasoulof all’agenzia francese AFP. Il regista interviene dalla sua casa di Teheran, essendo confinato in Iran in seguito al ritiro del passaporto comminatogli dalle autorità del paese. Elemento del presunto crimine il film “A Man of Integrity” (Lerd), vincitore della sezione Un Certain Regard al festival di Cannes dello scorso maggio, per i cui contenuti Rasoulof è accusato di propaganda antigovernativa e attività contro la sicurezza nazionale. Il fermo è avvenuto il 16 settembre mentre Rasoulof rientrava dal Telluride Film Festival, negli Stati Uniti.
Queste le parole del cineasta quarantacinquenne.
La corruzione è penetrata in ogni strato della società, va dal fondo della scala sociale fino alla cima della piramide del potere. Gli iraniani vorrebbero lasciarsela alle spalle ma non ci riescono, perché la corruzione è diventata un sistema. Persino i miei amici, che ne sono disgustati, non riescono a liberarsene. Si diventa oppressi e oppressori allo stesso tempo.
Personalmente non so cosa mi succederà, sono completamente all’oscuro del mio destino, ma non mi lascio abbattere da tutto ciò.
Il mio film non può essere proiettato in Iran, mentre io sto aspettando di essere processato. Gli intellettuali del mio paese o si sono arresi, o sono in prigione, o ridotti al silenzio.
Se le persone non mi sostenessero fuori dall'Iran... la mia situazione sarebbe molto peggiore. Quello che mi fa andare avanti è che la gente non mi dimentica. E che il mio film sarà visto.
La società di produzione francese ARP ha lanciato una petizione su Change.org per permettergli di lavorare, viaggiare liberamente e raggiungere la sua famiglia, che vive in Germania da qualche anno.