domenica 24 novembre 2024

Herzog su Kiarostami

"Ho visto raramente film della potenza di quelli del regista iraniano Abbas Kiarostami, che hanno lasciato un segno indelebile su di me. In Dov’è la casa del mio amico?, un bambino ha portato a casa con sé per sbaglio il quaderno del suo compagno di banco, e fa tutto ciò che è in suo potere per restituirlo. Sa che il maestro ha minacciato di espellere dalla scuola il suo amico per la sua negligenza nel fare i compiti a casa. Il bambino ha faccende domestiche da sbrigare – come comprare il pa ne e badare al fratellino – ma in violazione della ferrea disciplina sotto cui vive, fugge e scompare oltre la collina in cerca del suo compagno di classe. È un film struggente e sbalorditivamente semplice, anche se si avverte subito che i film di Kiarostami affondano le proprie radici in cinquemila anni di poesia persiana. Prendi un taxi dall’aeroporto alla città di Tehran, ed è possibile che l’autista ti reciti Khayyām, Firdusi e Hafez. C’è una scena in Close-Up di Kiarostami – uno dei migliori film sul cinema mai realizzati – in cui all’improvviso la narrazione si ferma per qualche secondo mentre osserviamo una bomboletta spray che rotola giù da un pendio finché non si ferma. È roba audace."

Werner Herzog, da "Guida per i perplessi. Nuovi incontri alla fine del mondo"

martedì 19 novembre 2024

La testimone - Shahed: intervista a Nader Saeivar e Maryam Bobani

Alcune domande al regista e all'attrice protagonista di "La testimone - Shahed".

Intervista a cura di Sara Fallah e Claudio Zito





NADER SAEIVAR


1. Ci può raccontare come si è sviluppata la preziosa collaborazione con Jafar Panahi?

Ho conosciuto Jafar Panahi da vicino per la prima volta nel 2016. L’ho incontrato per caso in un caffè, dove era seduto da solo. Mi sono avvicinato e abbiamo iniziato a parlare. Successivamente, gli ho mostrato un cortometraggio che avevo realizzato, e lui ha visitato il mio ufficio. Da lì, la nostra amicizia è cresciuta giorno dopo giorno. La nostra prima collaborazione è stata per il film "Tre volti", girato nel 2017, in cui ho aiutato Panahi nella produzione. Da allora, è sempre stato al mio fianco come mentore e consulente, supportandomi nella scrittura, nella regia e nel montaggio dei miei film. Ho imparato moltissimo da lui, non solo sul cinema, ma anche sulla vita. Il suo coraggio ha ispirato non solo me, ma anche molti altri cineasti iraniani, dimostrando che è possibile resistere all’oppressione, realizzare i propri film e rimanere indipendenti. Per questo credo che il cinema indipendente e underground in Iran debba molto a Jafar Panahi. Non sarebbe un’esagerazione definirlo il padre del cinema di protesta e underground iraniano


2. In "Shahed" che ruolo repressivo hanno la religione, gli affari e la rete di agenti di sicurezza? Nell'intreccio tra queste componenti, ha un peso maggiore quella laica o quella religiosa?

Mai come oggi la teoria darwiniana della 'sopravvivenza del più adatto' è evidente in Iran. I gruppi politici usano ogni mezzo a loro disposizione per garantirsi la sopravvivenza. A volte ricorrono alla forza e alle armi, altre volte fanno un passo indietro per calmare le acque. Tuttavia, negli ultimi 45 anni, hanno sempre sfruttato i sentimenti religiosi della gente, facendo leva sulle promesse di paradiso e sulle minacce di inferno, instillando la paura del peccato e del Giorno del Giudizio per mantenere il controllo. Questa tattica è una caratteristica comune a tutte le religioni. In un certo senso, l’Iran di oggi assomiglia molto all’Europa medievale, con la differenza che persino una figura come Martin Lutero non riuscirebbe a liberare questa nazione dall’arretratezza e dalla stagnazione imposte dalla religione. Non so come sia la situazione in Italia, ma in Iran la religione ha dimostrato di poter facilmente creare un regime dittatoriale, dato che possiede intrinsecamente gli strumenti per attuare pratiche fasciste. Non
importa se si tratti di Islam, Ebraismo, Cristianesimo o di qualsiasi altra religione: ogni fede che definisce una divinità e ti incoraggia ad adorarlo sta cercando di ingannarti e di svuotarti le tasche. Per questo, osservando la giovane generazione, comunemente chiamata Generazione Z, credo che l’Iran sia uno dei più grandi paesi atei del mondo. È una reazione naturale contro la religione che ha avuto luogo in questa generazione.


3. I topi che infestano la casa in cui vive Tarlan, e che vengono combattuti da lei, ma non dal padrone di casa, simboleggiano questi poteri?

In Iran c’è un detto popolare: "I muri hanno topi, e i topi hanno orecchie," che significa che il
governo e i suoi spioni, come i topi, si sono infiltrati persino nelle crepe dei muri delle nostre case.
Faranno tutto il necessario per assicurarsi la sopravvivenza.


4. Ci sono alcuni aspetti che sfuggono allo spettatore non iraniano. Per esempio, l'abbigliamento da musulmani osservanti degli uomini, la scritta "Donna, vita e libertà" che viene cancellata da un muro, le flagellazioni durante Ashura ecc. Pensi che la storia che racconti sia universale, o più specificamente iraniana?

In definitiva, ogni film è meglio compreso nel proprio contesto geografico. Ad esempio, per quanto un film italiano possa essere universale, non potrei mai percepirlo come farebbe un italiano. Gli elementi e l’atmosfera di questo film sono molto più comprensibili agli iraniani, soprattutto a coloro che vivono attualmente in Iran. Persino la disposizione degli oggetti nella casa di Tarlan, le foto sui muri e il design degli interni hanno significati profondi per un pubblico iraniano. Questo è inevitabile. 

La rappresentazione della cerimonia dell’Ashura nel film, che commemora il martirio di uno degli imam dello sciismo da oltre 1.400 anni (anche se nella sua forma attuale risale a soli due secoli fa), è simile ai sistemi dell’antica Grecia e Roma. Collegando le persone alla mitologia e attribuendo un’importanza eccessiva a queste storie, distoglie la mente dalle ingiustizie che accadono davanti ai loro occhi. Ogni anno, questa cerimonia diventa un’opportunità per il governo di mettere in scena uno spettacolo mitico in linea con le promesse dell’aldilà, una strategia comune a tutte le religioni. Si approfittano delle vulnerabilità delle persone.


5. Molti personaggi hanno nomi e accento azeri. Anche il tuo film precedente "Namo - The Alien" era ambientato nella tua città Tabriz e recitato nella lingua turca locale. Che legame mantieni con questa minoranza etnica e linguistica?

Essendo madrelingua turco e avendo vissuto per molti anni in regioni turcofone dell’Iran, la lingua e la cultura turca sono profondamente radicate in me. Quando realizzo film in questa lingua e cultura, riesco a comprendere meglio le persone e a rappresentare le loro vite e le loro emozioni in modo più naturale e credibile. I miei due film precedenti sono stati realizzati in turco e girati nella mia città natale. Inizialmente, volevo girare anche questo film in Azerbaigian e in turco. Abbiamo persino provato per quattro mesi con un cast locale in turco. 

Tuttavia, ho incontrato diversi ostacoli. In primo luogo, a causa dei miei film underground, ero diventato troppo conosciuto nella mia regione e non potevo più girare film underground lì. In secondo luogo, non sono riuscito a trovare un’attrice disposta a togliersi l’hijab obbligatorio e recitare senza di esso. Di conseguenza, ho deciso di girare a Teheran, dove potevo attirare meno attenzione. Questo mi ha anche permesso di lavorare con attori di lingua persiana incredibilmente talentuosi, come Maryam Boubani.


6. Alla questione di genere si affianca la questione generazionale, che emerge in modo potente nel finale del film. Pensi che le forme di disobbedienza civile adottate dalle giovani siano quelle che si stanno affermando?

Credo che la nuova ondata di lotte delle donne in Iran sia una continuazione degli sforzi delle generazioni precedenti. Sebbene la giovane generazione di oggi possa non esserne consapevole, deve il suo coraggio, almeno inconsciamente, a quelle generazioni. Dopo la rivoluzione del 1978 in Iran, abbiamo avuto una generazione rivoluzionaria di donne che è scesa rapidamente in piazza per rivendicare i propri diritti. Purtroppo, sono state brutalmente represse con il pretesto di aver insultato Dio e l’Islam. La generazione successiva, che chiamo la *generazione intermedia o bruciata*, non ha mai avuto l’opportunità di esprimere le proprie opinioni a causa della guerra e dell’ascesa delle forze repressive. 

Tuttavia, la Generazione Z è entrata in scena con una forza senza precedenti. Questa generazione è come una tempesta, e in ogni tempesta, è inevitabile che molte case vengano distrutte.


7. Il figlio di Tarlan, invece, non solo serba rancore verso la madre, ma agisce in maniera opposta e sembra molto distante anche nella statura intellettuale. Hai cercato una netta contrapposizione tra personaggi maschili e femminili?

Per me era importante non rappresentare la protagonista come un’eroina perfetta, perché credo che nella vita reale gli eroi assoluti non esistano. Anche le persone che mostrano qualità sociali o rivoluzionarie ammirevoli spesso hanno difetti e fallimenti personali. Quando tratti i tuoi personaggi come esseri umani piuttosto che come supereroi, devi rappresentare onestamente anche le loro debolezze.

Questo approccio rende il pubblico più propenso a credere alla tua storia. Non c’è dubbio che Tarlan sia una combattente e un’attivista per la giustizia. Ma forse, per la prima volta, si rende conto che la giustizia che cercava nella società non è mai stata praticata nella sua stessa casa. Ha sacrificato i diritti il tempo di suo figlio per perseguire la giustizia sociale. Aveva il diritto di farlo? Il film pone domande piuttosto che offrire risposte. Non vedo suo figlio come un personaggio completamente negativo. È una persona normale che vuole semplicemente rimanere normale. Forse è per compensare queste mancanze che Tarlan accetta la proposta del figlio e va nell'ufficio di Solat.


8. Pensi che ci sia un dialogo a distanza tra il tuo film e "The Seed of the Sacred Fig" di Rasoulof, che affronta temi analoghi ed è anch'esso co-prodotto all'estero?

Io e Mohammad Rasoulof respiriamo la stessa aria. Siamo buoni amici, e lui è stato uno dei consulenti per il mio secondo film. È naturale che condividiamo preoccupazioni comuni. Tuttavia, filtriamo i problemi attraverso prospettive personali. Ad esempio, non ho mai vissuto le sue esperienze: più incarcerazioni, lunghi periodi di detenzione, interrogatori e torture. Questi eventi hanno profondamente influenzato i suoi film, che spesso si concentrano su persone ed eventi che hanno segnato la sua anima. Tuttavia, penso che il mio cinema, come quello di Rasoulof, condivida la preoccupazione di rivelare la verità, preservare la dignità umana e, in ultima analisi, l’integrità. 








MARYAM BOBANI 


1. Il suo personaggio è uno dei più belli del cinema iraniano, grazie anche alla sua interpretazione. Tarlan rispecchia anche il suo carattere? 

Sì, sento una profonda vicinanza con il personaggio di Tarlan dentro di me. Per questo, in un certo senso, ho vissuto con questo personaggio. Anch’io sono stata coinvolta in questioni politiche e ho seguito da vicino i problemi morali e le vicende spiacevoli che accadono nella società iraniana. Nel limite delle mie capacità, ho cercato di reagire a queste situazioni. Tuttavia, c’è una scena in cui mi sento molto distante da Tarlan: è quella in cui decide di versare una sostanza velenosa nella bevanda di Solat. Personalmente, penso che non arriverei mai a considerare una soluzione del genere nella mia vita, anche se la società in cui vivo non ha mai smesso di esercitare oppressioni e ingiustizie contro le donne.


2. In Occidente si ha spesso un'immagine delle donne iraniane come di vittime indifese, almeno fino a "Donna, vita e libertà". Pensa che le modalità di azione e la tenacia di Tarlan siano invece più comuni di quanto noi possiamo pensare?

Una parte della storia delle donne nel cinema iraniano prima della rivoluzione, legata al tema "Donna, Vita, Libertà," specialmente nel mio caso, consisteva nel mostrare un’immagine reale delle donne della  classe sociale più bassa e delle difficili condizioni di vita che affrontavano: una vita dura, povera e piena di discriminazioni insostenibili. Questo in un sistema che nemmeno la classe media comprendeva appieno. Nel corso di questo lavoro, il sistema imponeva anche le sue richieste, completamente fuori dal mio controllo.

Con questi ruoli, volevo dire che una vasta parte delle donne nella nostra società sopporta questa vita disumana. Per poter curare un problema, bisogna prima vederlo, riconoscerlo, capirne l’entità e solo allora, con consapevolezza, analizzarlo e, quando possibile, agire contro di esso.

Accettando questi ruoli, cercavo di portare i personaggi realistici della signora Banietemad (una delle migliori registe del cinema iraniano) davanti a un pubblico più ampio, composto da persone che avevano chiuso gli occhi di fronte alle amare realtà e privazioni di queste donne. Non nego che il governo abbia sfruttato queste rappresentazioni, volendo presentarle come esempi di “buone donne  obbedienti e sottomesse” secondo la loro propaganda.

Infine, vorrei sottolineare quanto sia stato difficile tutto questo processo. Quando una sceneggiatura deve superare innumerevoli filtri, l’autore deve combattere con persone ignoranti, prevenute e misogine per far approvare un copione mutilato. Il compito del regista, se ha una visione, è quello di trasformare questo copione frammentato in un’opera coerente e leggibile per il pubblico. Credetemi, è più difficile del teorema di Pitagora!

Anche se i rappresentanti del governo sui social media mi hanno dipinta come un simbolo di sfortuna e miseria nei film e nelle serie TV, non mi dispiace affatto. Alla fine, hanno visto nei miei lavori l’immagine delle loro madri, anche se mi deridono. Gli iraniani hanno un tratto particolare che non so se sia buono o cattivo: riescono a fare battute anche sui loro dolori peggiori.


3. Ha lavorato con registi iraniani importanti come Bahram Beizai, Rakhshan Banietemad, Tahmineh Milani, ma questo è il suo primo film distribuito in Italia, e per molti la sua interpretazione sarà sorprendente. A quali tra le sue esperienze cinematografiche è più affezionata?

Considerando tutto ciò che ho detto, amo tutti i miei ruoli. In caso contrario, non li avrei interpretati. Anche se molti di questi personaggi li ho recitati sotto le pressioni di imposizioni e restrizioni, Tarlan è quello che amo di più. Perché in quel caso ho avuto maggiore libertà creativa. Non si tratta solo della questione del velo!

Tarlan rappresenta la realtà delle donne che, nonostante vivano in un ambiente maschilista, opportunista, oppressivo, violento e pieno di povertà, non cedono alla bassezza e alla malvagità. Sono donne che lottano senza le armi della propaganda dei sistemi oppressivi, i quali cercano in tutti i modi di privarle della fiducia in sé stesse e della consapevolezza. Tarlan, Zara e Ghazal rappresentano generazioni che si sostengono a vicenda, incarnando una crescita evolutiva che ormai nessuna arma può fermare.

Sono felice che il film venga proiettato in Italia e sarò ancora più felice di conoscere le reazioni e i feedback degli spettatori. Ringrazio di cuore il signor Saeivar per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo progetto. Questo lavoro è stato davvero il risultato dello sforzo dell’intero gruppo, in condizioni difficili e impegnative. Ringrazio profondamente tutti coloro che mi hanno aiutata a dare vita a Tarlan!


venerdì 1 novembre 2024

In sala Ali Abbasi su Trump

 È in sala anche The Apprentice, film su Trump diretto dal regista iraniano di Holy Spider Ali Abbasi



Esce Leggere Lolita


L'adattamento cinematografico di Leggere Lolita a Teheran, con Golshifteh Farahani, è in uscita il 21 novembre



 

Un po' di Italia

Un po' di Italia ne "Il mio giardino persiano", prossimamente in uscita 

domenica 27 ottobre 2024

Guai per gli autori de Il mio giardino persiano/My Favourite Cake

Il media finanziato dal governo statunitense Radio Farda riporta che i registi di "My Favourite Cake" Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha sono stati accusati dalla magistratura iraniana di diffusione della corruzione attraverso la produzione di film volgari". Le accuse si aggiungono a quella precedente di  "propaganda contro il regime" e alla confisca del passaporto per entrambi.

Il film uscirà prossimamente in Italia per Academy Two con il titolo "Il mio giardino persiano"





Traduzione automatica da qui:


Radio Farda è stata informata che gli autori del film "La mia torta preferita" sono stati accusati dalla magistratura della Repubblica Islamica, oltre a "propaganda contro il regime", di due nuovi capi d'imputazione, tra cui "diffusione della corruzione attraverso la produzione di film volgari e diffondendo la corruzione attraverso la distribuzione e la distribuzione di film volgari" sono stati accusati anche.

Allo stesso tempo, Behtash Sanaeiha, uno dei due registi del film, ha annunciato domenica 6 novembre che il divieto nei suoi confronti e in quello di Maryam Moghadam, l'altra regista del film, è ancora in vigore.

"My Favorite Cake" ha vinto il Silver Hugo Award al Chicago Film Festival, ma il signor Sanaeiha ha detto al sito KhabarOnline che lui e sua moglie, Maryam Moghadam, non hanno potuto partecipare all'evento cinematografico.

A metà settembre è stato annunciato che il divieto di lasciare il Paese per questi due registi era stato revocato, ma la signora Moghadam ha annunciato il 21 settembre che il suo passaporto e quello di Behtash Sana'i erano stati nuovamente confiscati all'aeroporto prima di lasciare il Paese.

Ha scritto sulla sua pagina Instagram che a lui e sua moglie, Behtash Sanaeiha, è stato impedito di lasciare il Paese nonostante avessero preparato i biglietti e pagato le spese per lasciare il Paese.

I passaporti di Maryam Moghadam e Behtash Sanaei furono confiscati all'aeroporto l'11 ottobre 1402 mentre progettavano di recarsi in Francia per completare la produzione del film "La mia torta preferita".

Dopo essere stati interdetti, sono stati accusati di "propaganda contro il regime e di azione contro la sicurezza nazionale".

Questo film è stato realizzato senza osservare le regole di censura della Repubblica Islamica, incluso l'hijab obbligatorio per le attrici, e il processo di produzione e proiezione di "My Favorite Cake" ha già dovuto affrontare obiezioni da parte del Ministero della Cultura e dell'Orientamento Islamico.

Questo nonostante il fatto che nei due anni successivi alle proteste del 1401, dozzine di cortometraggi e lungometraggi siano stati girati in Iran clandestinamente e al di fuori delle regole ufficiali e siano stati proiettati in festival internazional

'Marghe' su Raiplay

 È disponibile su Raiplay "Marghe e sua madre", il film girato in Italia da Mohsen Makhmalbaf

https://www.raiplay.it/video/2024/04/Marghe-e-sua-madre-a0952448-3b0f-400d-b692-5ecc1e1a7e51.html?autoplay=true&wt_mc=2.google.catalog.margheesuamadre&fbclid=IwY2xjawGLMpFleHRuA2FlbQIxMAABHYjOY376_YO_gYCTYmqoQ6PLhqa4APuCkQs86UDWmcYYe69yMeci-ZihlQ_aem_eOmknm9GkEJLSXrn3THkhQ




venerdì 25 ottobre 2024

Un videoregistratore come un predatore


Un videoregistratore come un predatore. Lo vedeva così la rivista Sorush nel 1983, quando iniziò la messa al bando delle videocassette in Iran, durata fino al 1994.

Nello stesso anno il ministro Khatami (poi Presidente riformista) descrisse il VHS come "Una fonte di corruzione morale... degrado e oscenità nella nostra società"

Dal libro "Underground: The Secret Life of Videocassettes in Iran", di Blake Atwood

giovedì 12 settembre 2024

The Night (Kourosh Ahari, 2020)




Un film-caso. Per almeno tre motivi: è un thriller-horror, generi poco battuti dal cinema iraniano (specie in passato; ultimamente stanno emergendo). E' un esemplare unico di coproduzione tra Stati Uniti e Iran, concepito poco prima delle nuove sanzioni di Trump. E questo, insieme all'osservanza delle regole sull'abbigliamento nonostante l'ambientazione americana, ha fatto sì che sia stato il primo film statunitense rilasciato in Iran dopo la rivoluzione.

Diretto da un esordiente sulla quarantina emigrato giovanissimo negli Stati Uniti, e interpretato dalla star Shahab Hosseini, racconta di una famiglia - moglie marito e neonata - di immigrati iraniani a Los Angeles che, tornando una notte da una cena tra amici verso casa, in auto, sostano in un hotel a causa del tasso alcolemico di lui, che è il guidatore. Qui forze soprannaturali costringono i coniugi ad affrontare i segreti che si sono nascosti l'uno l'altro al fine di rompere gli incantesimi.

L'intreccio appare, francamente, di una banalità che sconcerta, ma viene in parte riscattato da rimarchevoli soluzioni cinematografiche. Inevitabili i rimandi a "Shining" e a un altro horror della diaspora iraniana, "Under the Shadow" di Babak Anvari. 

Curiosità: il cognome dell'attrice coprotagonista Niousha Noor significa "luce", che ciò che nel film manca, anche per "colpa" del suo personaggio. La bambina invece si chiama Shabnam, nome che significa "rugiada" ma che contiene la parola "notte" (shab).

Il film si può acquistare in dvd e blu-ray o vedere in streaming su Prime Video (link), con un abbonamento che comprende un periodo di prova gratuito












sabato 7 settembre 2024

Shahed -The Witness (Nader Saeivar, 2024)

 


Nella sezione Orizzonti Extra della Mostra di Venezia, dove ha vinto il premio del pubblico, arriva il nuovo film di Nader Saeivar, regista iraniano per anni collaboratore di Jafar Panahi e già autore di un film molto bello: The Alien, miglior sceneggiatura in Cineasti del presente a Locarno 2020 .

Shahed, scritto sempre insieme a Panahi che ha anche curato il montaggio, racconta di Tarlan, un’insegnante di danza vedova da tanti anni ma sempre combattiva. Quando la figlia adottiva viene assassinata, la donna si trova a combattere contro un muro di omertà eretto proprio da chi su quell’assassinio dovrebbe indagare. Tarlan dovrà decidere se cedere alle forti pressioni politiche o rischiare il tutto per tutto, rivelando tutto ciò di cui è a conoscenza.

Tarlan (interpretata da una straordinaria Maryam Bobani) arriva a denunciare l’omicidio della figlia adottiva da parte di un marito violento e potente. È una testimone diretta di questo delitto e vuole andare in fondo nonostante tutti gli consiglino di fare il contrario.

Raccontando questa storia Saeivar vuole evidentemente mostrare cosa sono costrette a fare le persone comuni in Iran che non svendono la propria dignità di fronte alla paura.

Shahed - The witness riflette così le attuali condizioni della società iraniana e ci mostra il modo in cui agisce il Governo e come si debba sempre obbedire anche a rischio della   propria dignità. Saeivar ci mostra anche come il regime repressivo iraniano operi con un controllo a 360 gradi della società iraniana, il tema del controllo era già ben presente nel film precedente e viene ancora di più palesato in questo. Shahed ci fa così capire come è difficile per le persone mantenere umanità se vengono cancellati come esseri umani e la  verità non si sa più cosa sia.

Shahed inizia e finisce con un ballo che è un evidente segno di libertà, mentre le tende si chiudono e i social vengono silenziati la danza fa il contrario, è un segno di libertà che Seivar decide di usare in apertura e chiusura quasi come un sipario al cui interno incastona un potente thriller che intreccia temi sociali e politici.

Il film si inserisce così con autorevolezza nel cinema iraniano contemporaneo, non ha gli slanci di scrittura di Farhadi o la potenza dello stesso Panahi ma, nonostante qualche didascalisno di troppo, racconta bene i temi dell’oppressione, della dignità umana e della resistenza individuale.


Claudio Casazza

mercoledì 4 settembre 2024

L'Iran vieta a regista e attrice di andare a Venezia

 La denuncia della produzione. Il cortometraggio, opera prima dell'attrice Atefeh Jalali, avrebbe dovuto essere proiettato nella sezione«Orizzonti»


Niente debutto, a Venezia, per la regista iraniana Atefeh Jalali, che doveva presentare il suo primo cortometraggio, Ajar. Alla regista e al cast del cortometraggio - l'attrice Masoomeh Iranshahi e il collega Ibrahim Azizi - è stato impedito di lasciare l'Iran per via del tema politico trattato nella pellicola e perché l'attrice protagonista non indossava l'hijab. A renderlo noto, la produzione WeShort. Il corto doveva essere proiettato nella sezione Orizzonti. A rappresentare il corto a Venezia nella world premiere ci saranno quindi Alex Loprieno per WeShort e i co-produttori spagnoli della MonkeyFilmmakers.

 Ajar racconta la storia di una donna e di un uomo coinvolti in una relazione extraconiugale che prende una svolta inaspettata quando la moglie dell'uomo viene arrestata durante le proteste di quella stessa notte. Sebbene la moglie non appaia mai sullo schermo, la sua presenza è profondamente sentita, spingendo la protagonista a riconsiderare la propria vita e ad allontanarsi da un percorso edonistico. Il film affronta temi di colpa, resilienza e il potere trasformativo della solidarietà tra donne."


Fonte: Corriere della Sera 

giovedì 22 agosto 2024

La Germania seleziona 'The Seed Of The Sacred Fig' di Mohammad Rasoulof per gli Oscar 2025

 Traduzione automatica da:

https://www.screendaily.com/news/germany-selects-mohammad-rasoulofs-the-seed-of-the-sacred-fig-for-oscars-2025/5196488.article?fbclid=IwY2xjawE0ZxNleHRuA2FlbQIxMQABHciqqRCQ6g7VA4EykGi-2Ts-O_9xNQIFhi-1JLjOl2wdP3yP_ByovtKFCw_aem_inL8DiS_801s6DRrwlAxXA&sfnsn=scwspwa



La Germania ha selezionato The Seed Of The Sacred Fig del regista iraniano Mohammad Rasoulof come film candidato alla 97a edizione degli Academy Awards.


Il film è stato selezionato tra una rosa di 13 candidati ed è stato scelto da una giuria composta da nove membri nominata dall'organizzazione promozionale German Films.


The Seed Of The Sacred Fig è stato presentato in concorso a Cannes a maggio, vincendo il premio speciale della giuria e il premio Fipresci, prima di aggiudicarsi il premio del pubblico a Sydney a giugno.


Sebbene ambientato a Teheran con un cast e una troupe prevalentemente iraniani, il film è prodotto dalla società tedesca Run Way Pictures di Rasoulof insieme alla francese Parallel45 in coproduzione con Arte France Cinéma. Films Boutique gestisce le vendite internazionali.


Dopo aver girato il film in segreto, per paura di ripercussioni da parte delle autorità iraniane, Rasoulof è fuggito dal Paese dopo aver ricevuto una condanna a otto anni di prigione per le sue continue critiche al regime e ora si ritiene che viva in Germania.


La storia segue Iman, un giudice istruttore presso la Corte Rivoluzionaria di Teheran, che lotta contro la sfiducia e la paranoia mentre le proteste politiche a livello nazionale si intensificano e la sua pistola scompare misteriosamente. Sospettando il coinvolgimento della moglie Najmeh e delle figlie Rezvan e Sana, impone misure drastiche in patria, causando un aumento delle tensioni. Il cast è guidato da Misagh Zare, Soheila Golestani, Mahsa Rostami e Seterah Maleki.


Una dichiarazione della giuria del German Films che ha selezionato il film ha affermato: " The Seed Of The Sacred Fig è un ritratto psicologico della teocrazia iraniana, fondata sulla violenza e sulla paranoia. Mohammad Rasoulof racconta in modo sottile le crepe all'interno di una famiglia che sono rappresentative di quelle all'interno della società iraniana stessa.


"È un'opera eccezionale di uno dei grandi registi del cinema mondiale e di qualcuno che ha trovato rifugio in Germania dal dispotismo di stato in Iran. Siamo molto felici di sapere che Rasoulof è al sicuro nel nostro paese e siamo lieti che rappresenterà la Germania agli Oscar nel 2025".


In una dichiarazione congiunta, Rasoulof e i produttori Mani Tilgner, Rozita Hendijanian e Amin Sadraei hanno affermato di essere "profondamente onorati" di essere la candidatura tedesca per i premi. "Questo film, che racconta la storia dell'oppressione, ma anche della speranza e della resistenza, è il risultato di una collaborazione unica tra persone con realtà di vita e storie di migrazione molto diverse", hanno aggiunto. "Mostra quanto possa esistere un potente scambio interculturale in una società libera e aperta".


Il distributore tedesco Alamode distribuirà il film nelle sale cinematografiche locali il 26 dicembre. In Nord America, Neon distribuirà il film nei cinema statunitensi il 27 novembre.


Rasoulof è noto per film come Goodbye , che ha vinto il premio per la miglior regia a Cannes nel 2011, e There Is No Evil , che si è aggiudicato l'Orso d'oro a Berlino nel 2020.


La rosa dei 15 finalisti sarà annunciata il 17 dicembre, mentre i cinque candidati finali saranno annunciati il ​​17 gennaio 2025.

mercoledì 21 agosto 2024

The Guidance Patrol (Saeed Soheili, 2012)

The Guidance Patrol, ovvero gasht-e ershad, ovvero la famigerata polizia morale. Ma questa è la storia di tre spiantati del sud di Teheran che si fingono agenti.

Una commedia leggera leggera, ma non priva di spunti sociali, tanto da subire tagli, sospensioni, messe al bando, denunce, polemiche infinite.





Il popolare attore Hamid Farrokhnezhad oggi è esule e vicino ad ambienti monarchici.

Sottotitoli in inglese. Con due seguiti, disponibili sullo stesso canale Youtube, sempre sottotitolati.

Buona visione







martedì 20 agosto 2024

On a Friday Afternoon (Mona Zandi, 2006)

L'inedito in streaming

Rifiutata dalla famiglia di origine, Sougand vive in perenne conflitto col figlio Omid. Dopo molti anni senza contatti, la sorella di Sougand, Banafsheh, decide di andare a cercarla.

Un dramma intenso, scolpito nel bellissimo e drammatico volto dell'attrice Roya Nonahali

La regista, già collaboratrice di Rakhshan Banietemad, è qui al debutto.

Il film è stato premiato al Fajr e al festival di Salonicco, ma la sua uscita in Iran è stata bloccata per diversi anni.

Sottotitoli in inglese.

Buona visione






martedì 14 maggio 2024

Rasoulof ha lasciato l'Iran

Mohammad Rasoulof ha lasciato l'Iran ed attualmente si trova in quella che ha descritto come una 'posizione non rivelata in Europa', come affermato in un comunicato condiviso con la stampa internazionale nel pomeriggio.

"Sono arrivato in Europa qualche giorno fa dopo un lungo e complicato viaggio" ha dichiarato il regista. La notizia del viaggio di Rasoulof giunge ad una settimana di distanza da quando il suo avvocato ha confermato che le autorità iraniane hanno condannato il regista a 8 anni di reclusione per 'aver firmato dichiarazioni e aver realizzato film e documentari'. Giorni dopo l'annuncio della sentenza il suo ultimo film, The Seed of the Sacred Fig, è stato inserito tra i film in concorso al Festival di Cannes.

"Nel mio comunicato affermo categoricamente la mia forte opposizione alla recente e ingiusta sentenza che mi costringe all'esilio. Tuttavia, il sistema giudiziario della Repubblica Islamica ha emesso così tante decisioni crudeli e strane che non mi sento in diritto di lamentarmi della mia condanna. Sentenze di morte vengono eseguite mentre la Repubblica Islamica ha preso di mira la vita dei manifestanti e degli attivisti per i diritti civili. È difficile da credere ma proprio ora che sto scrivendo queste parole il rapper Toomaj Salehi è detenuto in prigione ed è stato condannato a morte. La portata e l'intensità della repressione hanno raggiunto un livello di brutalità tale per cui le persone si aspettano notizie di un altro orrendo crimine del governo ogni giorno. La macchina criminale della Repubblica Islamica viola continuamente e sistematicamente i diritti umani" ha scritto il regista di The Seed of the Sacred Fig.

Nel comunicato, Mohammad Rasoulof afferma che le autorità iraniane hanno convocato e minacciato diversi membri del cast e della troupe che hanno lavorato al suo ultimo film The Seed of the Sacred Fig. Il regista ha chiesto al mondo del cinema di sostenere le persone che affrontano coraggiosamente e altruisticamente la censura:"Molte persone hanno contribuito a realizzare questo film. I miei pensieri sono tutti con loro e temo per la loro sicurezza e il loro benessere".

Fonte: Movieplayer

giovedì 9 maggio 2024

Rasoulof condannato in appello

Il regista  Mohammad Rasoulof è stato condannato a scontare cinque anni di carcere da una corte d'appello iraniana.

Lo ha reso noto il suo avvocato.

Rasoulof, più volte premiato nei festival internazionali e che porterà il suo ultimo film in concorso a Cannes, è stato condannato anche alla fustigazione, a una multa ed alla confisca dei beni, ha riferito l'avvocato Babak Paknia su X.

La condanna di otto anni in primo grado è stata confermata in appello e il regista ora dovrà scontare 5 anni di detenzione.

L'accusa è aver firmato dichiarazioni e realizzato film e documentari calunniosi e intesi a commettere crimini contro la sicurezza del paese.


giovedì 25 aprile 2024

Alidusti in ospedale

Alcuni giorni fa, Taraneh Alidusti è stata ricoverata a Teheran a causa di una grave reazione a un farmaco (sindrome di DRESS). Secondo le ultime notizie l'attrice sarebbe ora in miglioramento

giovedì 14 marzo 2024

"Un eroe" assolto dalle accuse di plagio

Secondo il rapporto di Mansour Jahani, giornalista cinematografico indipendente internazionale, questa è la sentenza del tribunale sul caso di violazione del diritto d'autore del film "Un eroe" diretto da Asghar Farhadi. Un verdetto basato sulle perizie di tre professori dell'Università di Teheran , esperti e docenti nel campo dei diritti di proprietà intellettuale, nonché di quattro esperti d'arte, che all'unanimità hanno respinto le affermazioni della querelante come infondate. Il film è stato completamente prosciolto da queste accuse.

 L’ex studentessa di Asghar Farhadi Azadeh Masihzadeh aveva richiesto la condivisione di tutti gli introiti e i premi nazionali ed esteri del film.

 Nella sentenza, emessa dopo aver esaminato “Un eroe" e tutte e tre le diverse versioni del documentario della querelante, nonché decine di ore di filmati del laboratorio di Asghar Farhadi, si sottolinea con fermezza che la produzione di ogni film o opera d'arte ispirata a un evento reale o a notizie da esso pubblicate avviene senza limiti perché le notizie legate a un evento reale sono di pubblico,  il diritto a usarle non è esclusivo di nessuno, e ciò è assolutamente accettato ed evidente in tutto il mondo.

Il documentario della querelante (Azadeh Masihzadeh) è basato su un evento reale e sulle notizie pubblicate al riguardo sui giornali Jam Jam, sul sito Iran e sul sito Titronline il 23/4/2011 e il 24/4/2011, nonché su un servizio giornalistico della TV Fars Province . E raccontare una notizia pubblicata non crea diritti di proprietà per nessuno. Pertanto, le somiglianze tra questi due film, un documentario e uno di finzione, provengono da un lato dalla fonte comune dei due lavori, la realtà e dalle notizie dei media, e dall'altro dalla formazione e dallo stile dell'istruttore del workshop Asghar Farhadi. , e si può affermare con certezza che non sussistono violazioni di legge. Ciò non è avvenuto e le accuse sono completamente respinte.

In un'altra parte delle perizie, si sottolinea che la querelante ha assemblato un film di un'ora da dozzine di ore di riprese delle sessioni del seminario di Asghar Farhadi, in cui sono stati apportati aggiustamenti e adattamente unilaterali, col risultato di un'enorme differenza tra il filmato originale del workshop e il film fornito dalla denunciante all'investigatore nella fase di indagine. Pertanto, questo video raccolto dalle sessioni del seminario, che costituisce la base principale per l'emissione dell'accusa, è riconosciuto come non valido.

 
Inoltre, secondo l'esame dei documenti del caso e delle immagini registrate dal seminario, si è riscontrato che il piano narrativo, la struttura, il tipo di trattamento con i soggetti, il tipo di narrazione, come il contestare le affermazioni dei soggetti, il posizionamento delle la macchina da presa, il tipo di inquadratura, le modalità di trattamento primario e secondario del soggetto documentario, la creazione dell'atmosfera ottimale e persino il finale (finale aperto) e molti altri elementi del film documentario sono stati proposti e insegnati alla studentessa da Farhadi, e tutta la formazione nel video raccolto dalle sessioni del seminario è stata rimossa dalla querelante. Sulla base di ciò, il progetto presentato allo studente da Farhadi è più di un'idea e di un piano iniziale e grezzo, ma è in realtà una sorta di modello che costituisce un quadro completo per la formazione della narrazione nel documentario. Ciò è risultato del tutto evidente.

 

Nelle recensioni è stato affermato che il film "Un eroe" in termini di soggetto, storytelling, struttura, caratterizzazione, performance e tutti gli elementi artistici creativi discussi nel campo del diritto d'autore è completamente indipendente e diverso dal documentario - e anche dal vero evento accaduto e dalle notizie pubblicate - e non è accusabile di violazione del copyright da nessun punto di vista."

domenica 25 febbraio 2024

Khamyazeye bozorg - The Great Yawn of History (Aliyar Rasti, 2024)



Vincitore del Premio Speciale della Giuria “Encounters” della Berlinale, The Great Yawn of History è il primo lungometraggio del regista iraniano Aliyar Rasti, un viaggio beckettiano attraverso il paese alla ricerca di un tesoro misterioso che mette alla prova la natura della fede. 
“Encounters” è una sezione molto interessante del festival di Berlino che promuove nuove prospettive narrative dirette da registi indipendenti e innovativi. È nata da quando Carlo Chatrian è diventato direttore artistico del festival e ci auguriamo che rimanga anche con la nuova gestione che partirà l’anno prossimo. La giuria di questa edizione era composta da tre registi: Lisandro Alonso, Denis Côté e Tizza Covi.

The Great Yawn of History racconta di Beitollah, un uomo dalle vacillanti convinzioni religiose che sogna una cassa d'oro nascosta in una grotta. Convinto che la legge islamica gli proibisca di reclamare lui stesso il tesoro, si inventa un annuncio di lavoro stampato sul retro delle banconote da un dollaro e le distribuisce per le strade di Teheran, così recluta il giovane Shoja, un non credente orfano che vive per strada. I due iniziano subito un lungo viaggio sia fisico che spirituale e mettono in gioco il concetto di fede nella ricerca di un miracolo. Si spostano verso nord e poi verso i deserti centrali dell'Iran, scoprono diverse grotte ma nessuna è quella giusta…

Scritto e diretto da Rasti, il film è interpretato da Mohammad Aghebati e Amirhossein Hosseini ed è prodotto da Para-Doxa con sede a Teheran. Rasti è un artista visivo senza alcuna formazione cinematografica, ha affinato le sue capacità dirigendo video musicali e solo successivamente ha studiato con alcuni dei pesi massimi del cinema iraniano contemporaneo, frequentando laboratori di regia e sceneggiatura guidati da Abbas Kiarostami e Asghar Farhadi. Nel 2018 ha diretto il suo primo cortometraggio, In Between, premiato a Teheran e all’estero.

Il film è una sorta di Godot all’interno di un'ambientazione quasi western. La ricerca della grotta è come l'attesa della famosa pièce di Beckett, tra l’altro citato inizialmente quando vediamo una bancarella di libri e la camera si ferma stranamente per un paio di secondi sul faccione dell’autore irlandese. La differenza ovviamente è che nell’opera di Beckett i due protagonisti sono fermi e non si muovono mai, qui invece sono in movimento ma quando trovano le grotte riecheggia sempre una frase “no, non è questa” e tornano indietro, un po’ come in Beckett quando fanno per partire e invece non partono mai. I due sono vestiti come barboni, si lamentano continuamente del freddo o del caldo, della fame e del loro stato esistenziale, esattamente come in Godot litigano, pensano di separarsi (anche di suicidarsi) ma alla fine restano l'uno dipendente dall'altro. Ed è proprio attraverso i loro discorsi sconnessi e superficiali che emerge il nonsenso della vita umana. Ogni viaggio che fanno, ogni grotta che scoprono, è ogni volta un tentativo fallimentare di procedere per ritornare al punto di partenza.

Sebbene il film sia metaforico è evidente una critica sociale, a partire da quella più semplice verso una società che denigra gli orfani e li lascia vivere allo sbando, ma ovviamente il punto più importante è quello religioso: benché l’Iran sia una società musulmana devota, con questo film Rasti sembra affermare che in molti connazionali si aggrappano a nuove idee e sistemi di credenze. Vogliono credere in qualcosa di diverso, escono dalla razionalità perché non possono vivere la loro vita in questo presente così doloroso. 


Claudio Casazza

giovedì 22 febbraio 2024

My Favorite Cake prossimamente in sala

My Favourite Cake, il film diretto dagli iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, presentato in Concorso alla Berlinale sarà distribuito da Academy Two.

 

La settantenne Mahin vive da sola a Teheran, il marito è morto e la figlia si è trasferita in Europa. Ma Mahin è una donna ironica e ottimista che affronta con spirito positivo la sua vita solitaria.

Un tè con le amiche un pomeriggio la convincerà a rompere la sua routine quotidiana e a ridare vitalità alla sua vita amorosa.

 

 

My Favourite Cake

(Iran, Francia, Svezia, Germania)

Durata: ‘96

 

Prossimante in sala

 

venerdì 16 febbraio 2024

My Favorite Cake (Maryam Moghaddam, Behtash Sanaeeha, 2024)



Il film iraniano del Concorso, come purtroppo spesso capita di recente, è preannunciato da notizie di censura, infatti i registi Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha non sono a Berlino perché le autorità iraniane gli hanno impedito di viaggiare, i loro passaporti sono stati confiscati circa un mese fa e devono affrontare un processo in tribunale a causa del loro film. In una nota rilasciata dal festival i due registi ci dicono: “ci sentiamo come genitori a cui è proibito guardare il loro bambino appena nato. Oggi non ci è stato permesso di goderci la visione del film con voi, pubblico esigente di questo festival cinematografico. Siamo tristi e stanchi, ma non siamo soli”, i due si dicono orgogliosi che il film venga proiettato e lo dedicano alle donne del loro paese che con coraggio si pongono in prima linea per un cambiamento della società iraniana.

My favorite cake racconta la storia della settantenne Mahin che vive da sola a Teheran dalla morte del marito e dalla partenza della figlia per l'Europa, finché un tè pomeridiano con le amiche la porta a rompere la sua routine solitaria e a pensare a qualcosa di diverso per il suo futuro. Mahin è infatti sempre più annoiata della sua vita da sola e prende a poco a poco sempre più coraggio, così si apre a una nuova potenziale nuova storia d'amore: quello che inizia come un incontro inaspettato si evolve rapidamente in una serata imprevedibile e indimenticabile. 

Maryam Moghaddam è un'attrice, sceneggiatrice e regista iraniana, conosciuta al pubblico internazionale soprattutto per la sua recitazione in Closed Curtain, film di Jafar Panahi del 2013, e già regista insieme a Behtash Sanaeeha del recente Ballad of a White Cow del 2020. 

My favorite cake racconta della solitudine che le donne iraniane affrontano in età avanzata, spesso sposano mariti più anziani che muoiono prima di loro e perciò vivono gran parte della loro vita da sole. È una storia che non viene raccontata spesso e che contraddice l’immagine comune delle donne iraniane, infatti i due registi ci mostrano la protagonista Mahin che prende l’iniziativa per prima, che le tenta tutte per riassaporare dei momenti dolci della vita.

My favorite cake è piacevole e divertente, è per gran parte una commedia, i due registi hanno un tocco leggero anche quando mostrano degli evidenti riferimenti critici al controllo delle autorità. Mostrano chiaramente la preoccupazione della donna nel farsi vedere con un uomo non sposato, ma nonostante un clima di disagio i registi non creano mai tensione: come Mahin vive con leggerezza, anche i registi sono delicati nel raccontare delle situazioni che potrebbero evolvere nel modo peggiore, ad esempio nella scena al parco in cui protagonista si contrappone alla polizia morale che voleva arrestare una ragazza per lo hijab non indossato in maniera appropriata. 

Il finale, come spesso capita nel cinema iraniano, ribalta in modo inaspettato la situazione, non lo riveliamo per non rovinare un momento inatteso e potente, di sicuro è stato uno dei motivi che hanno portato alla presa di posizione del regime, ma altrettanto sicuramente è uno dei pregi del film, che scava in una realtà poco raccontata e in questo modo sfida apertamente la censura. 


Claudio Casazza

giovedì 1 febbraio 2024

Dichiarazione della Berlinale

La Berlinale lancia un appello alla libertà di movimento e alla libertà di espressione per i registi in concorso Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha


All’inizio di questo mese, la Berlinale è stata lieta di annunciare la selezione del film iraniano My Favorite Cake di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha in concorso alla 74esima edizione del festival di quest’anno.

Da allora, il festival ha appreso che al momento in cui scriviamo agli scrittori/registi iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha è stato vietato di viaggiare, i loro passaporti sono stati confiscati e devono affrontare un processo in tribunale in relazione al loro lavoro di artisti e registi.

La Berlinale è un festival fondamentalmente impegnato a favore della libertà di parola, di espressione e della libertà delle arti, per tutte le persone in tutto il mondo, e il festival è scioccato e sgomento nell'apprendere che a Moghaddam e Sanaeeha potrebbe essere impedito di recarsi al festival per presentare il loro film e incontrare il pubblico a Berlino.

I direttori della Berlinale Carlo Chatrian e Mariëtte Rissenbeek hanno dichiarato: "Chiediamo alle autorità iraniane di restituire i passaporti e di porre fine a tutte le restrizioni che impediscono a Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha di viaggiare liberamente a Berlino questo febbraio, insieme agli altri registi internazionali e talenti cinematografici provenienti da in tutto il mondo, così da poter presentare il loro nuovo film My Favorite Cake come parte del Concorso 2024 della Berlinale.

Il precedente film di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, Ballad of a White Cow, è stato presentato in concorso alla Berlinale 2021, emergendo come uno dei preferiti del pubblico nelle votazioni pubbliche di quell'anno. Il loro nuovo film, My Favorite Cake, è stato selezionato in Concorso nel 2024.

My Favorite Cake è stato sostenuto dal World Cinema Fund della Berlinale e prima ancora era stato sviluppato come progetto attraverso la Berlinale quando ha partecipato al mercato di co-produzione della Berlinale 2020, dove è stato premiato con il prestigioso Eurimages Co-Production Development Award.

Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha condividono una lunga e ricca storia con la Berlinale e devono avere il permesso di tornare a Berlino questo febbraio.


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venerdì 5 gennaio 2024

Nader Ghazvinizadeh introduce il corso "La grande storia del cinema iraniano. Sognare e resistere"

Il docente Nader Ghazvinizadeh introduce il corso "La grande storia del cinema iraniano. Sognare e resistere". Dal 17 gennaio all'Università Primo Levi di Bologna e online.

Descrizione del corso:
Per iscriversi (anche online):