mercoledì 2 novembre 2022

Il New Yorker accusa Farhadi di plagio

In un lunghissimo articolo pubblicato lo scorso 31 ottobre, intitolato "Il regista premio Oscar Asghar Farhadi ha rubato le idee?" - e rilanciato anche da agenzie iraniane - il New Yorker ha raccolto, lungo quasi tutta la carriera del cineasta, una serie di presunti plagi.


Azadeh Masihzadeh, la principale accusatrice 



Partendo dalla causa (in attesa di verdetto) intentata dalla documentarista Azadeh Masihzadeh, secondo cui "Un eroe" sarebbe copiato dal suo "All Winners, All Losers", il periodico americano ha passato al setaccio la filmografia di Farhadi, sommergendolo di accuse e lasciando ben poco spazio alla difesa del regista.


Così, l'esordio "Dancing in the Dust" trarrebbe origine da una storia raccontata a Farhadi dal drammaturgo Abbas Jahangiran. Questi, mentre aspetta i finanziamenti per trasformarla in un film, da giurato di un festival scopre che ci ha già pensato il suo collega, senza avvisarlo né tantomeno citarlo. Poi arrivano le scuse e i credits, ma non i soldi.


Dopo aver realizzato "Fireworks Wednesday", opera numero tre, Farhadi svilupperebbe insieme al co-sceneggiatore Mani Haghighi anche il copione del successivo "About Elly", ma senza accreditarlo. A mo' di risarcimento, Haghighi finisce nel cast del film. Pure la protagonista Golshifteh Faharani, all'ultimo film in Iran, ha di che lamentarsi di Farhadi, reo di non difenderla adeguatamente dalle accuse che la portano a lasciare il paese.

Ma persino la musa di tante pellicole del regista, Taraneh Alidoosti, si fa beffe di lui, dipingendolo come un egocentrico convinto che tutte le idee che confluiscono nei film siano proprie.


Anche "Una separazione", come "Un eroe", sarebbe in debito con un lavoro concepito durante un workshop di Farhadi da un suo allievo, Mostafa Pourmohammadi, mentre "Il passato" ricalcherebbe la vicenda biografica di Haghighi, volato in Canada per divorziare. Quest'ultimo denuncia anche il furto della sceneggiatura di "Tutti lo sanno", a cui avrebbe lavorato con Farhadi per quaranta giorni, ottenendo nient'altro che un laconico ringraziamento nei titoli di coda.


Quasi tutti i defraudati, a quanto pare, restano sbalorditi, ma in fondo non se la prendono più di tanto, abbindolati dalle capacità affabulatorie di Farhadi, o lusingati per aver contribuito gratis alla gloria del cinema nazionale. Finché l'ex allieva Mahsizadeh non passa alla denuncia. E ora la stampa americana la amplifica, lanciando un me too contro il regista con un tempismo non proprio felice, vista la situazione drammatica in cui versa l'Iran e i rischi che corrono i suoi cineasti.




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