martedì 14 ottobre 2025

Addio a Nasser Taghvai, maestro del cinema iraniano

 

 

Il 14 ottobre si è spento, a 84 anni, Nasser Taghvai, regista e sceneggiatore iraniano tra i più influenti del secolo scorso, noto per aver sfidato la censura del suo Paese e per aver scelto, negli ultimi anni, il silenzio come forma di protesta contro il controllo censoreo sul cinema. Malato di cancro, Taghvai si è spento in solitudine, assistito da un’infermiera, dopo anni di vita ritirata. A dare l’annuncio è stata la moglie, l’attrice e regista Marzieh Vafamehr, con un messaggio toccante su Instagram: “Nasser Taghvai, un artista che ha scelto la difficoltà di vivere liberamente, si è guadagnato la sua liberazione”.

Nato il 13 luglio 1941 in un villaggio di lingua araba nei pressi di Abadan, Taghvai mostra fin da giovane una passione per la letteratura e il cinema. A scuola si dedica alla scrittura di racconti brevi, pur seguendo studi di matematica. Il suo percorso artistico inizia come tecnico sul set del film "Mattone e specchio" di Ebrahim Golestan nel 1964, esperienza che gli fornisce le basi della regia.

La filmografia di Taghvai comprende, oltre ad alcuni documentari e cortometraggi, sei lungometraggi e un episodio, parte del film collettivo "Tales of Kish" (1998). Tre delle sue opere vengono realizzate prima della Rivoluzione del 1979 e tre dopo.

Nel 1969 realizza il suo primo lungometraggio, "Tranquillity in the Presence of Others", tratto da un racconto di Gholamhossein Saedi. Il film, censurato in patria e distribuito solo nel 1972, vince il Leone d’argento come migliore opera prima a Venezia e segna l’inizio della sua carriera internazionale. Nella stessa edizione della mostra viene premiato anche il
 suo cortometraggio "Il rilascio" (1971). Taghvai è tra i protagonisti della cosiddetta Nouvelle vague iraniana, il movimento che rinnova profondamente il linguaggio cinematografico del paese.

Nel 1973 firma la celebre serie satirica "Mio zio Napoleone", tratta dal romanzo di Iraj Pezeshkzad. La serie, trasmessa nel 1976, ottiene un successo straordinario, diventando un fenomeno culturale e consacrando Taghvai come cineasta capace di coniugare profondità e ironia, cultura e intrattenimento.

Nel corso della sua carriera, Taghvai riceve numerosi premi nazionali e internazionali. Tra i più prestigiosi, il Pardo di bronzo al Festival di Locarno nel 1988 per "Captain Khorshid" (1987), ispirato al romanzo "Avere e non avere" di Ernest Hemingway. Nel 2002 rifiuta il Premio Speciale della Giuria al Fajr Film Festival, manifestando apertamente il suo dissenso verso l’ingerenza politica nel mondo dell’arte.

La carriera di Taghvai è segnata da interruzioni e censure. Dopo la Rivoluzione islamica del 1979, realizza solo tre film: il già citato "Captain Khorshid", "O Iran!" (1989) e "Unruled Paper", che rappresenta il suo addio al cinema. Nel nostro sondaggio sui migliori film iraniani del XXI secolo, quest'ultimo si è classificato al 26° posto. Nel 2013, Taghvai annuncia pubblicamente la decisione di non girare più film, denunciando la “terribile censura e il controllo” esercitati sul cinema iraniano.

Tra i suoi lavori incompiuti figurano due film sospesi a metà produzione. Anche il progetto "Koochak Jangali", dedicato al rivoluzionario Mirza Kuchak Khan, viene interrotto nel 1985 e affidato ad altri. La sceneggiatura in tre volumi viene pubblicata solo nel 2022, ma la sua diffusione è ostacolata dalle proteste di quell’anno.

Taghvai si sposa tre volte: nel 1967 con la scrittrice Shahrnush Parsipur, l'autrice di "Donne senza uomini", da cui ha un figlio; poi con Shahindokht Behzadi e infine con Marzieh Vafamehr. Negli ultimi anni, a causa della malattia e dell’isolamento, mantiene contatti limitati con il mondo del cinema. Dopo la partenza di Vafamehr dall’Iran nel 2022, emergono preoccupazioni sulle sue condizioni di salute e di assistenza.

"Il tuo nome rimarrà sempre splendente nella cultura e nell'arte di questa terra", ha scritto su Instagram Asghar Farhadi, per ricordare il maestro.


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