Firouzeh Khosrovani, autrice del pluripremiato "Radiograph of a Family", in co-regia con Morteza Ahmadvand, ci regala un’opera poetica e struggente che per fortuna uscirà anche in Italia, distribuito da Zalab, con il titolo molto bello di "Gli Uccelli del Monte Qaf".
Il film è ambientato in Iran dal 1979 in poi: la rivoluzione ha vinto, ma per Maryam ha significato la perdita di molti amici attivisti, incarcerati, scomparsi e giustiziati. La sua famiglia, temendo per la sua vita, decide di proteggerla a ogni costo. Così, a soli vent’anni, Maryam fugge dal Paese. Attraversa le montagne al confine con la Turchia nascosta tra un gregge, il corpo avvolto in una pelle di pecora per confondersi con gli animali. Sarà l’ultima volta che vedrà la sua terra. In esilio negli Stati Uniti, Maryam cerca un modo per restare connessa alla sua famiglia in Iran. Fa installare delle videocamere nella casa dei genitori, riuscendo a osservare, anche se a distanza, luoghi e volti familiari. Ma è un contatto fragile, ogni interruzione della connessione spezza quel filo sottile che la tiene legata al suo passato. Le immagini si spengono e la memoria vacilla.
Nel film compare più volte Simurgh, leggendario re degli uccelli della mitologia persiana, posto a guardia dell’albero dei semi ed a quello dell’immortalità. Il mito della “non morte” è legato quindi al semplice fatto che i locali osservano sempre animali dall’età simile, non avendo strumenti per comprendere che fosse semplicemente una nuova generazione. Non a caso il mito di un “grande uccello immortale” è presente in numerosissime culture del Medio Oriente. È evidente che la scelta di questi uccelli da parte dei due registi è metaforica nel film: sono gli iraniani staccati dal loro paese, è il paese che subisce ripercussioni continue che però non può morire.
Past Future Continuous si ispira alle esperienze personali di amici e famigliari dei registi che hanno lasciato l’Iran alla ricerca di una nuova vita. Se quasi tutti gli iraniani rimasti nel paese, prima o poi, hanno preso in considerazione l’idea di partire, una parte di quelli che sono riusciti a emigrare, hanno espresso il desiderio di tornare in patria.
I registi combinano materiali diversi e stranianti per raccontare questa storia tra personale e mito: ci sono le telecamere di sorveglianza, le pellicole da 8 o 16 mm, disegni, animazioni e ricostruzioni. La memoria degli archivi unita alla parte pittorica riesce a rappresentare punti di vista diversi che ben si uniscono per creare qualcosa di metaforico e universale.
Past Future Continuous con questi materiali sposta così l’attenzione dall’atto del partire a ciò che si lascia indietro, la casa, la terra. Luoghi che col tempo si svuotano. Il film riflette in questo modo sulla silenziosa perdita di legami, sul calore sbiadito di questi spazi e sull’amore duraturo che sopravvive nonostante la distanza.
Il film diventa così un viaggio poetico tra passato e futuro dell'Iran ma anche del medio oriente tutto. È un omaggio delicato e intensa sull’esilio e sull’impossibilità del ritorno.
Claudio Casazza