giovedì 23 febbraio 2023

La Sirène (Sepideh Farsi, 2023)



Presentato alla Berlinale come film di apertura di “Panorama”, la sezione normalmente più attenta alle tematiche sui diritti umani, La Sirene è una coproduzione franco-tedesca-lussemburghese-belga che racconta un episodio del passato della storia dell’Iran, la guerra con l’Iraq, guardando evidentemente anche ai fatti odierni. La regista di origine iraniana Sepideh Farsi raccontandoci il crollo di una città si concentra sui suoi cittadini spesso repressi: le donne, i cristiani e gli stranieri.

Siamo in Iran nel 1980, il presidente iracheno Saddam Hussein effettua un attacco a sorpresa e invade il territorio iraniano con una divisione corazzata composta da 600 carri armati e 20.000 soldati. La storia del film si svolge nella metropoli petrolifera di Abadan, la più grande città portuale dell'Iran, che dopo il primo attacco missilistico precipita nel caos. Il nostro protagonista è quattordicenne Omid che lavora come fattorino, sta cercando il fratello scomparso e una via di fuga dalla città accerchiata. Troppo giovane per imbracciare lui stesso le armi diventa il fornitore di un gruppo di resistenti. È deciso però a non rinunciare alla ricerca del fratello che è partito per il fronte.

La Sirene è realizzato interamente attraverso l'animazione 2D con uno stile minimalista. La regista mette in scena la lotta di Omid che, facendo avanti e indietro nella città assediata, incontra un variopinto gruppo di personaggi: un vecchio meccanico, due preti armeni, un fotografo greco e un ex capitano di una nave. Sono tutte persone ad un punto di svolta della loro vita a causa della guerra e che devono riprogettare il loro futuro. Tra loro c’è anche un’ex cantante di nome Elaheh che è ammirata sia dagli uomini di Abadan che dalle forze irachene, per lei non c'è più niente che il suo paese possa darle. Un tempo era una star ma ora, dopo la Rivoluzione, le è stato vietato di lavorare e trascorre tutto il suo tempo a casa, circondata da cimeli. Eppure i legami con questo luogo, i suoi ricordi e le sue radici non le permettono di fuggire.

La Sirene mette in mostra questi complessi sentimenti di disperazione e identità, l'aggrapparsi al passato per parlarci anche dell'oggi. La Farsi sembra dirci che non esiste un modo giusto o sbagliato di pensare all'Iran, ad Abadan o persino agli iracheni. A questi ultimi, la regista concede la loro parte di tempo sullo schermo ed esplora il loro punto di vista sull'attacco ai civili. Una delle parti più commoventi è quando sia le guardie iraniane in servizio di vedetta sia i loro omologhi iracheni cessano il fuoco per guardare lo stesso programma televisivo: una puntata di Goldrake.

Omid nel corso del film diventa un custode della vita in questa zona piena di morte, riesce persino a dare da mangiare del gelato agli squali affamati della baia, che non hanno più niente da mangiare da quando è in corso la guerra. Ovviamente la cosa più interessante è proprio la riflessione sulla guerra: “Non tutti dobbiamo combattere questa guerra. In effetti, nessuno dovrebbe”, dice un generale iraniano a Omid. Non ci sono mai vincitori: solo sopravvissuti, la loro angoscia e il loro trauma. Ieri e oggi ovviamente.


Claudio Casazza





lunedì 13 febbraio 2023

Anche Rasoulof fuori

Oggi è stato scarcerato anche Mohammad Rasoulof. Queste le parole che ha scritto su Instagram dopo la liberazione (traduzione di Sara Fallah)




Ero ancora in congedo per malattia e un'ora fa sono stato informato del mio rilascio.

Dopo due settimane di isolamento nella cella 240 e continui interrogatori per quasi tre settimane nella cella 209 e il trasferimento nella cella della prigione di Evin per scontare le due pene reclusive pendenti dal 2010 e 2020, ho avuto l'opportunità di frequentare una vasta gamma di uomini di scienza, politica ambientalisti, avvocati, traduttori, scrittori, giornalisti, insegnanti, attivisti per i diritti umani, prigionieri politici e oppositori religiosi. Ho scoperto di aver imparato dalla sapienza e dall'esperienza di queste persone.

Con l'insorgenza di #زن_زندگی_آزادی (donna vita libertà), con gli altri prigionieri abbiamo seguito notizie e informazioni in tutti i modi possibili. L'esperienza dell'osservare questa grandiosità da dietro le alte mura del carcere è un'altra storia, ma tutto sommato abbiamo pianto per ogni sofferenza dei nostri connazionali e ad ogni vittoria la fiammella della speranza si riaccendeva in noi.

Ora il pensiero della libertà è con me. Le mura si sono allontanate e forse non si riesce a vedere che la fine del carcere non è l'inizio della libertà, che questa è una strada lunga e tortuosa.

P. s.: chi esce di galera sa che lascia una parte di sé accanto a chi resta prigioniero in carcere. 
Desideriamo la loro libertà.

venerdì 3 febbraio 2023

Scarcerato

 


Finalmente Jafar Panahi è stato scarcerato, seppur temporaneamente e su cauzione. L'inizio della detenzione risaliva allo scorso11 luglio, quasi sette mesi fa. L'altro ieri aveva iniziato uno sciopero della fame. 

Fuori dal carcere ha rilasciato alcune dichiarazioni, in parte finite in un video pubblicato dal collega Majid Barzegar: 




...Tutto quello che dite è giusto, però se guardo dietro di me vedo la scritta 'Prigione Evin', Mi viene in mente l'immagine di Farhad Meisami, autore di un libro sulla non-violenza, diventato come Gandhi. Sembrano scene di Auschwitz. Non posso dire veramente di essere contento. A questo punto bisogna guardare dietro di noi, o non guardare? C'è tantissima gente lì dentro, da professori universitari a studenti molto bravi, insegnanti, operai... non lo so, non lo so,... avvocati, tutte le persone che lottano per i diritti umani..."

Traduzione di Sara Fallah

mercoledì 1 febbraio 2023

Panahi in sciopero della fame


Ieri, 1 febbraio, Jafar Panahi ha iniziato uno sciopero della fame, della sete e delle medicine. Lo ha annunciato di Instagram la moglie Tahereh Saidii, che ha pubblicato la seguente dichiarazione del regista.


“L'11 luglio dell'anno scorso, in segno di protesta contro l'arresto di due dei nostri amati colleghi, il signor Mohammad Rasulof e Mostafa Al-Ahmad, insieme a un gruppo di cineasti ci siamo riuniti davanti alla prigione di Evin, e alcuni di noi e gli avvocati dei colleghi detenuti sono entrati nel tribunale di Evin. Pacificamente stavamo parlando con le autorità e con l'investigatore competente quando è entrato un agente e mi ha portato dal giudice della sezione 1 dell'esecuzione della pena di Evin. Il giovane giudice ha detto senza presentazioni: "Ti cercavamo nei cieli, ti abbiamo trovato qui".

Sei in arresto!" In questo modo sono stato arrestato e trasferito nel carcere di Evin per l'esecuzione di una condanna che era stata emessa da undici anni. Secondo la legge per la quale sono stato arrestato nel 2010, dopo più di dieci anni di mancata esecuzione la sentenza va in prescrizione e diventa inapplicabile. Pertanto, questo arresto è stato più simile al banditismo e alla presa di ostaggi che all'esecuzione di una sentenza giudiziaria.

Nonostante il mio arresto sia stato illegittimo, gli stimati avvocati sono riusciti a impugnare la sentenza emessa nel 2011 rinviando il procedimento presso la Corte Suprema, che è la massima autorità per le cause giudiziarie, il 15 ottobre 2022, in modo che possano tornare allo stesso ramo per un nuovo processo. Durata da definire. In tal modo, a norma di legge, con l'accoglimento della richiesta di nuovo processo e l'impugnazione del verdetto, la causa veniva deferita alla filiale ed io avrei dovuto essere immediatamente scarcerato dietro cauzione. Mentre abbiamo visto che ci vogliono meno di trenta giorni dal momento dell'arresto all'impiccagione della gioventù innocente del nostro paese, ci sono voluti più di cento giorni per trasferire il mio caso in aula con l'intervento delle forze di sicurezza.

A norma di legge, per il rinvio della sentenza in Cassazione, il giudice della stessa sezione era obbligato a liberarmi con l'emissione di un'ordinanza di cauzione non appena la causa è stata deferita a quella sezione; tuttavia, con il pagamento di una grossa cauzione, in pratica dopo mesi di detenzione illegale, sono ancora trattenuto in carcere con scuse ripetute ogni giorno dagli agenti di sicurezza.

Quel che è certo è che il comportamento prepotente ed extragiudiziale dell'istituto di sicurezza e la resa indiscussa dell'autorità giudiziaria dimostrano ancora una volta l'attuazione delle leggi in maniera selettiva e discrezionale.

È solo una scusa per la repressione. Anche se sapevo che il sistema giudiziario e le istituzioni di sicurezza non hanno la volontà di applicare la legge (a cui si appellano con insistenza), per rispetto dei miei avvocati e amici ho seguito tutte le vie legali per ottenere ciò che è in mio diritto. Oggi, come molte persone intrappolate in Iran, non ho altra scelta che protestare contro questi comportamenti disumani con il mio bene più caro, cioè la mia vita.

Pertanto, dichiaro fermamente che per protestare contro il comportamento illegale e disumano dell'apparato giudiziario e di sicurezza e questa presa di ostaggi, ho iniziato uno sciopero della fame dalla mattina del 12 di Bahman, e rifiuterò di mangiare e bere qualsiasi cibo e medicina fino al momento del mio rilascio. Rimarrò in questo stato finché forse il mio corpo senza vita non sarà liberato dalla prigione.

Con amore per l'Iran e per la gente della mia terra, Jafar Panahi”



Foto scattata dal regista Majid Barzegar