giovedì 26 ottobre 2017

Melbourne, Nima Javidi (2014)




In barba alle dichiarazioni del regista, che dice di aver riflettuto sulle responsabilità di qualunque persona e di qualunque popolo, l'incipit del suo sorprendente lungometraggio d'esordio parla chiaro: "Melbourne" si apre con una visita porta a porta per il censimento; mappatura di una e una sola nazione. L'incaricata è frenata da uno scontro fortuito in strada: altra metafora, questa volta delle difficoltà di portare a termine la disamina. 
All'appello rispondono i coniugi Amir e Sara, che affermano di star partendo per l'Australia per motivi di studio. È qui che la macchina da presa si insinua nel loro appartamento e non vi esce più fino alla penultima sequenza. 
Lo sgombero del locale e gli ultimi preparativi per la partenza vengono funestati da un evento  agghiacciante: la figlia neonata del vicino, da loro provvisoriamente ospitata, muore senza una spiegazione. Come dirlo ai genitori?




Nato nel 1980, già autore nel 2007 di due documentari ("Person" e "An Ending to an Ancient Profession", oltre che di numerosi spot pubblicitari e di sei cortometraggi, Nima Javidi, al netto dell'innocente tentativo di decontestualizzare l'ambientazione del film, spiega con estrema lucidità la genesi e lo sviluppo del progetto. Inoltre il regista, che ammette l'influenza di Alfred Hitchcock, denuncia una fonte di ispirazione ben precisa,anche legata a necessità contingenti. Riportiamo ampi estratti da sue interviste, molto utili per l'analisi dell'opera:

Circa cinque o sei anni fa andai in montagna con un gruppo di amici, tra cui una giovane coppia con un bambino poco più che neonato, e a un certo punto fui lasciato in casa con il piccolo per un breve lasso di tempo. Nonostante io facessi un po’ di rumore, il bambino sembrava non farci caso e a un certo punto mi sono chiesto se fosse ancora vivo. A quel punto ho provato a fare ancora più rumore e quello per fortuna si è svegliato. Ma è stato allora che mi sono chiesto: cosa avrei fatto se il bambino fosse invece morto? E così è nata l’idea centrale del mio film.

La scelta di ambientare tutto in interni e in un’unica location è legata al budget. Dal momento che io ero un regista al primo film non potevo presentarmi con un progetto costosissimo e sperare di trovare un produttore, e allora ho dovuto limitare il tutto a un interno pur sapendo che questo mi avrebbe causato delle difficoltà, perché è più difficile mantenere la tensione e l’attenzione dello spettatore con un film che si svolge tutto in un solo ambiente. Ho dovuto lavorare molto di più sulla sceneggiatura avendo fatto questa scelta, ma non avevo molte alternative.

[...] potevo stancare lo spettatore, quindi ho utilizzato la tecnica della sceneggiatura teatrale francese, che è basata sul fatto che il rapporto fra i personaggi presenti nella scena cambia tra di loro facendo entrare e uscire una terza persona. Entrando e uscendo un terza persona nella scena, l'attenzione si sposta da uno all'altro e questo crea varietà. È quello che è stato fatto anche in “12 uomini arrabbiati”: ho usato questa tecnica, è una sceneggiatura ambientata tutta in interni che devi poter variare con niente, facendo soltanto entrare e uscire i personaggi.





Epperò, nonostante alcune originalità (un insolito formato panoramico; l'eleganza dei titoli di testa - sui vestiti impacchettati sottovuoto - ad opera di Amir Mehran), "Melbourne" non può non rimandare al cinema di Asghar Farhadi. Più che un degnissimo allievo, Javidi sembra quasi il direttore della seconda unità di ripresa di un film del maestro, tanto è somigliante la sua pellicola.
Anzitutto, ma è il meno, per la presenza di due attori (e la bravura nel dirigere il cast): Peyman Mooadi è fresco reduce dal trionfale ruolo da protagonista di "Una separazione", Mani Haghighi era, con Moaadi, tra gli interpreti del corale "About Elly" (Sara ha invece il volto di Negar Javaherian ("A Cube of Sugar"). Attori importanti hanno scelto un regista debuttante dopo aver letto la sceneggiatura. Ed è proprio la capacità di sviluppare quest'ultima in maniera certosina e facendo montare contemporaneamente dramma e tensione, nonché il tema dell'aspirazione a emigrare per il ceto medio urbano iraniano, a ricondurre ineluttabilmente al regista premio Oscar. L'elemento del trasloco sembra addirittura anticipare "Il cliente"

Una particolarità stilistica di "Melbourne" è invece l'onnipresenza di squilli, dei telefoni e dei campanelli, perfetti nel mettere fretta e spavento ai protagonisti, ma con la funzione ulteriore di rammentare l'esistenza di una realtà circostante (non solo quella di addetti allo sgombero e parenti che si palesano) con cui devono decidere se e come confrontarsi o fuggire. Il fulcro nel film è infatti il senso di responsabilità, schivato da coloro che optano per la fuga, sia da un appartamento sia dal paese. Anche a fronte di colpe che non hanno, ma che avvertono come proprie. 

Un apparente limite è l'esplosione gratuita del conflitto (sempre farhadiano) di coppia: Sara grida al marito 'è colpa tua!' non appena viene a conoscenza del decesso della bambina, prima di fare qualunque indagine. Il che lascerebbe intendere frizioni pregresse. Tuttavia il senso della battuta sta nella ricerca del capro espiatorio, individuato poco dopo nella baby sitter, mentre la relazione coniugale tende, tra altri e bassi, a ricomporsi. 
Il discarico di colpa diventa poi definitivo nella soluzione adottata nel prefinale (dopo un grottesco tentativo di trasporto del piccolo cadavere in valigia, testimonianza dell'assurdità parossistica della situazione). Amir e Sara se ne vanno, i problemi sono di chi resta.

La lunga inquadratura conclusiva, senza stacchi, sul volto dei protagonisti, lascia il tempo allo spettatore di interrogarsi su cosa potrà succedere e su cosa avrebbe fatto al loro posto.




Presentato a Venezia71 nella sezione Settimana della critica. "Melbourne" ha vinto cinque premi nei festival internazionali.

I corsivi sono tratti dalle seguenti interviste al regista:
https://quinlan.it/2014/08/31/intervista-nima-javidi/
http://www.storiadeifilm.it/articoli/il_cinema_iraniano_a_venezia_71_incontro_con_nima_javidi_e_payman_moaadi_per_il_film_melbourne.html





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