Un archeologo, un giornalista e altri partecipanti a una seduta spiritica evocano il fantasma dello scrittore Sadegh Hedayat, la cui ombra si materializza fino a interagire con l'ambiente.
Khosrow Sinai, regista specializzato in documentari a tema arte e artisti, racconta uno dei più importanti autori iraniani del '900, mescolando con eleganza atmosfere noir, estratti dalle memorie di Hedayat, immagini di repertorio, ricerca storica.
Restituendo l'aura maledetta che circonda lo scrittore, uccisosi a Parigi nel 1951, "Talking with a Shadow" (Goft-o-goo ba saye) ne ripercorre la biografia: l'adolescenza persiana; l'emigrazione prima in Belgio, dove assiste al suicidio del suo coinquilino cinese, poi in Francia; l'importante viaggio in India, su cui il film un po' si perde nell'ultima parte.
Filo conduttore, basato sugli innovativi studi di Habib Ahmadzadeh, è l'influenza del cinema espressionista tedesco, in auge al momento dell'approdo di Hedayat in Europa, oltre che di scrittori come Kafka, a cui è normalmente accostato. La pellicola si apre con le immagini de "Il gabinetto del dottor Caligari" e affronta parallelismi anche con "Il golem" e "Nosferatu il principe della notte".
Il regista è abile nel creare un'atmosfera coerente con il variegato materiale che impiega e riesce a fare della mitica esistenza di Hedayat qualcosa di cupamente e tragicamente magico.
L'incipit è seguito da una delle frasi più celebri dello scrittore, che apre il suo unico romanzo "La civetta cieca": Ci sono delle piaghe che, come la lebbra, corrodono lentamente la nostra anima, in solitudine.
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