sabato 7 settembre 2024

Shahed -The Witness (Nader Saeivar, 2024)

 


Nella sezione Orizzonti Extra della Mostra di Venezia, dove ha vinto il premio del pubblico, arriva il nuovo film di Nader Saeivar, regista iraniano per anni collaboratore di Jafar Panahi e già autore di un film molto bello: The Alien, miglior sceneggiatura in Cineasti del presente a Locarno 2020 .

Shahed, scritto sempre insieme a Panahi che ha anche curato il montaggio, racconta di Tarlan, un’insegnante di danza vedova da tanti anni ma sempre combattiva. Quando la figlia adottiva viene assassinata, la donna si trova a combattere contro un muro di omertà eretto proprio da chi su quell’assassinio dovrebbe indagare. Tarlan dovrà decidere se cedere alle forti pressioni politiche o rischiare il tutto per tutto, rivelando tutto ciò di cui è a conoscenza.

Tarlan (interpretata da una straordinaria Maryam Bobani) arriva a denunciare l’omicidio della figlia adottiva da parte di un marito violento e potente. È una testimone diretta di questo delitto e vuole andare in fondo nonostante tutti gli consiglino di fare il contrario.

Raccontando questa storia Saeivar vuole evidentemente mostrare cosa sono costrette a fare le persone comuni in Iran che non svendono la propria dignità di fronte alla paura.

Shahed - The witness riflette così le attuali condizioni della società iraniana e ci mostra il modo in cui agisce il Governo e come si debba sempre obbedire anche a rischio della   propria dignità. Saeivar ci mostra anche come il regime repressivo iraniano operi con un controllo a 360 gradi della società iraniana, il tema del controllo era già ben presente nel film precedente e viene ancora di più palesato in questo. Shahed ci fa così capire come è difficile per le persone mantenere umanità se vengono cancellati come esseri umani e la  verità non si sa più cosa sia.

Shahed inizia e finisce con un ballo che è un evidente segno di libertà, mentre le tende si chiudono e i social vengono silenziati la danza fa il contrario, è un segno di libertà che Seivar decide di usare in apertura e chiusura quasi come un sipario al cui interno incastona un potente thriller che intreccia temi sociali e politici.

Il film si inserisce così con autorevolezza nel cinema iraniano contemporaneo, non ha gli slanci di scrittura di Farhadi o la potenza dello stesso Panahi ma, nonostante qualche didascalisno di troppo, racconta bene i temi dell’oppressione, della dignità umana e della resistenza individuale.


Claudio Casazza

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