martedì 7 agosto 2018

Nahid, Ida Panahandeh (2015)

Sotto un cielo perennemente nuvoloso sulle rive del Caspio, Nahid, giovane madre divorziata da un un marito disoccupato e sbandato, ha ottenuto la custodia del figlio di dieci anni a condizione di non risposarsi. L'affetto e i problemi economici la spingono tra le braccia del benestante Masoud.


Al primo lungometraggio per il grande schermo, Ida Panahandeh tratteggia un appassionato ritratto di donna che cerca di cavarsela con le proprie forze in una società ostile. Nulla di così nuovo, se non per il tema del matrimonio temporaneo, particolare istituto vigente in Iran che talvolta cela la prostituzione, che invece in questo caso serve alla protagonista per rendere accettabile agli occhi della comunità la nuova relazione sentimentale, malgrado il rischio di non vedere più il bambino.

Se non si cerca l'originalità a tutti i costi, è difficile non apprezzare uno dei film persiani più poetici degli ultimi anni, che sembra cucito su misura per il circuito dei festival (ha vinto tra gli altri un premio a Cannes, sezione Un certain regard) collocandosi lontano dalle pellicole chiassose più apprezzate in patria. Ma che, nella distanza stilistica, e a differenza di quanto possa sembrare, deve più di qualcosa alle caratterizzazioni di Asghar Farhadi: dalle colpe degli adulti che si riflettono sui bambini, all'arroganza autoritaria maschile, trasversale tra personaggi di diversa estrazione sociale, che giace sopita anche negli uomini più ragionevoli. 

Tra l'altro l'attrice protagonista, Sareh Bayat, era reduce da "Una separazione", dove interpretava la badante incinta. In "Nahid" offre una prova notevole, cosi come il sempre egregio Navid Mohammadzadeh (l'anno dopo sarà ne "Il dubbio"), nel ruolo dell'ex marito.


"Nahid" si è visto fugacemente nelle sale italiane, inserito dal distributore Academy Two nella serie di quattro film denominata "Nuovo cinema Teheran".

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