domenica 5 maggio 2019

Il viaggiatore, Abbas Kiarostami (1974)


Gli anni settanta segnano il debutto di Abbas Kiarostami, il più importante regista iraniano, arrivato al cinema per vie traverse. Nel suo percorso di formazione vanno segnalati gli studi all'accademia di belle arti e l'esperienza come grafico, non solo pubblicitario: gli viene infatti affidata la cura dei titoli di testa di alcuni film, il più celebre dei quali è "Gheisar" di Masoud Kimiai, del 1969. Nello stesso periodo ottiene l'incarico di fondare e dirigere la sezione cinema del Kanun, un istituto pedagogico statale, nato pochi anni prima, che farà la fortuna della cinematografia persiana anche dopo la Rivoluzione. Il Kanun consente a Kiarostami di girare i primi cortometraggi e di esordire nel lungometraggio con "Il viaggiatore" (Mosafer).

Il film racconta l'ossessione di un bambino di nome Ghassem per il calcio, un tema che di tanto in tanto fa capolino nella filmografia del regista. Il protagonista vuole assistere a tutti i costi all'imminente partita di calcio della nazionale a Teheran e, pertanto, si prodiga per trovare i soldi per partire dal suo paesino e, all'insaputa della famiglia e degli insegnanti, raggiungere la capitale e lo stadio. Per perseguire l'obiettivo, Ghassem ricorre anche a furtarelli, bugie, piccole truffe.

Le pulsioni e i desideri del bambino sono più forti della severità e dell'indifferenza degli adulti e gli consentono di aguzzare l'ingegno. La ricerca del denaro è la guida dell'intero percorso; l'idea stessa del viaggio conta molto di più dell'approdo, come certificano da un lato i memorabili momenti notturni in cui il bambino si appresta, di nascosto, a partire, dal'altro la beffarda conclusione, anticipata da una sequenza in cui Ghassem sogna la punizione che lo aspetta al ritorno a scuola. Il finale, se non è lieto, non è nemmeno aperto come nei film di Kiarostami degli anni novanta. Tuttavia è risolto con secca rapidità, in modo da lasciarci solo immaginare sia le emozioni del bambino di fronte al suo desiderio inappagato, sia ciò che potrà raccontare non appena tornato a casa. E se implica la morale per cui il crimine non paga, in qualche modo necessaria per le finalità pedagogiche del Kanun, non lascia il tempo di introiettarla e di cancellare così le manovre scorrette del giovane eroe.




L'identificazione scatta nello spettatore, che si commuove per il protagonista e per la sua deliziosa avventura, raccontata da Kiarostami con uno stile già sopraffino: il suo primo film è anche il suo primo capolavoro. Chi apprezza il successivo "Dov'è la casa del mio amico"non può che amare anche "Il viaggiatore" che ne anticipa temi, contesto, atmosfera, sviluppo narrativo, impiego di attori non professionisti.* È però girato in bianco e nero, non solo per esigenze di budget, ma anche per evidenziare l'ambiente povero e mediocre in cui il protagonista vive.
Tante le sequenze rimarchevoli; la più celebre, che assume una sorta di carattere metacinematografico, è quella in cui Ghassem finge di scattare foto agli amici in cambio di denaro, con una macchina fotografica senza rullino.

Il suono registrato in presa diretta, probabilmente per la prima volta nella storia del cinema iraniano, ha creato non pochi problemi di sincronizzazione in fase post-produttiva.

Del film esiste una versione sottotitolata in italiano, trasmessa qualche volta da Fuori Orario.


*Molte di queste caratteristiche si ritrovano anche nei cortometraggi.


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