giovedì 9 marzo 2017

Cortometraggi, Abbas Kiarostami


SU ALCUNI CORTOMETRAGGI DI ABBAS KIAROSTAMI 

 
Immagine 1
 

Uno dei più grandi maestri del cinema iraniano è sicuramente Abbas Kiarostami. Nella sua prolifica produzione, il regista ha realizzato un consistente numero di cortometraggi. Le prime opere sono caratterizzate da trame semplici e da uno spiccato didatticismo. Ciò si spiega se si tiene a mente che a produrli fu l’Istituto di Sviluppo Intellettuale dei bambini e dei ragazzi.

Il primo lavoro che Kiarostami realizza è “Il pane e il vicolo” del 1970. Il regista segue tra gli stretti vicoli un bambino. Mentre ritorna a casa, si diverte scalciando un tozzo di pane. Lungo il tragitto trova un cane affamato a sbarrargli la strada. Impaurito dall’incessante ringhiare, il bambino sprofonda nel terrore e attende un soccorso. Ma, grazie al pezzo di pane, riesce ad ammansire l’animale che, riconoscente per il cibo offertogli involontariamente, lo segue scodinzolando fino a casa. Sembra che tra i due sia nata un’amicizia. La distanza che separa le due figure diminuisce fino ad annullarsi. La cinepresa non restituisce solo gli sguardi del bambino anzi abbandona il suo corpo e, oramai libera, segue i due personaggi per i vicoli. Ma appena il bimbo varca l’uscio di casa, il cane resta solo come sempre. Gli occhi tristi dell’animale introducono una scelta di Kiarostami molto efficace. Il regista abbina lo sguardo del cane alle soggettive successive in cui si vede spuntare dal vicolo un altro bambino. Ha con sé del cibo quindi l’appetito dell’animale si risveglia. Un corto adornato di solitudini e un mesto loop colmo di speranza.

Due anni dopo, il regista realizza “La ricreazione”. Nel lungo corridoio di una scuola, il bianco delle pareti presenta un neo. Un bimbo è in punizione. È Dara, colpevole di aver rotto il vetro di una finestra giocando a pallone. Al suono della campanella scolastica, è il primo a fuggire. Per strada, ancora una volta, si mette nei guai calciando lontano la palla dei suoi amici. Rincorso da un coetaneo, fugge via ritrovandosi in aperta campagna. Giunto ai bordi di una strada trafficata, come se fosse la rana di Frogger, il bambino è costretto a superare l’ostacolo [Immagine 1].

Dara è ancora protagonista, insieme a Nader, in “Due soluzioni per un problema” (1975). Come fossero delle fiabe, i cortometraggi di Kiarostami nascondono sempre un insegnamento moralistico. Nel seguente lavoro si consiglia di risolvere i problemi con il dialogo e non con la violenza. Il regista mette in scena due modi differenti per affrontare lo stesso problema. Nader ha prestato un libro a Dara che lo restituisce malconcio. I capricci infantili e le numerose vendette si riassumono intelligentemente nell’immagine originale che prevede una lavagna divisa per nomi dei contendenti e che riporta i danni di ciascuno [Immagine 2]. Alla fine, la furia dei bambini non si scaglia solo sugli oggetti ma anche su di loro che addirittura riportano delle ferite. Un vano conflitto dal momento che il libro è ancora rotto. Kiarostami quindi suggerisce di risolvere il problema riparando il libro con della colla. Il rifiuto della violenza non pone fine all’amicizia tra i due bambini. La pacifica forza delle parole VS l’insensata mania umana di combattere.

 
 
Immagine 2
 
Senza ombra di dubbio, i cortometraggi di Kiarostami sono caratterizzati da una semplicità del discorso (in contrapposizione alle innumerevoli questioni toccate nei primi lungometraggi) ma anche dall’uso smodato di soggettive, il mezzo più efficace per sigillare lo sguardo dei protagonisti ed ingabbiare i loro sentimenti. Invece, è protagonista il suono nel lavoro del 1982 intitolato “Il coro”. Kiarostami propone la giornata di un sordo. Quando l’anziano signore indossa il suo apparecchio acustico anche il pubblico sente i suoni del film viceversa se non è indossato, lo spettatore non sente alcun suono. Una scelta stilistica interessante e riuscita.

Le ultime tre opere che andrò a citare sono accomunate da un certo minimalismo che è cifra stilistica di Kiarostami. I primi due sono brevi estratti contenuti in opere collettive. In “Lumière and Company” del ’95, riprende in pellicola la cottura di un uovo. Le regole imposte per la realizzazione del film erano le seguenti:
-Durata non superiore ai 52’’;
-Suono in presa diretta;
-Non devono essere realizzate più di tre sequenze.

Nella sua banalità disarmante, l’opera del regista iraniano acquista un fascino inimitabile e diventa senza ombra di dubbio un indiscutibile capolavoro [Immagine 3].

 
 
Immagine 3
 
Del 2013 è, invece, “Venezia 70: future reloaded”. La prerogativa di questi brevissimi film è la celebrazione del cinema. Kiarostami omaggia “L’arrosseur arrosé” (1896) dei fratelli Lumière. L’unica variante aggiunta al film originale è la presenza di un bambino alla cinepresa, una sorta di beffa agli inventori della Settima arte.

L’ultimo cortometraggio che citerò è “No” del 2011. È un film sull’invidia provata da una bambina che decide di radere a zero i bei capelli lunghi dell’amica. Questo lavoro di Kiarostami è fondamentale perché mostra le fasi che anticipano il momento delle riprese. L’assistente di regia tiene una conversazione con la giovane protagonista in cui le chiede se è disposta a sacrificare i propri capelli per il corto. La bambina non accetta e nel rifiuto l’opera acquista senso. Le espressioni titubanti ed incerte della ragazzina ma anche sincere e prive di alcun filtro smascherano la macchina cinematografica e restituiscono uno scorcio di realtà.


Articolo di Alessandro Arpa

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