Il nome di Keywan Karimi è tristemente noto per l’assurda condanna subita nel 2013 a causa della sua attività artistica (in particolare del documentario "Writing on the City", sui murales di Teheran), e le successive drammatiche vicissitudini. Un po’ timidamente, e in ritardo, si sta sollevando una mobilitazione internazionale a suo favore, con sempre maggiori adesioni.
Segnaliamo (e invitiamo a seguire) ad esempio le seguenti pagine Facebook:
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Sul nostro blog proviamo a restituirne la figura di cineasta, attraverso una disamina dei cortometraggi che Karimi stesso ha reso disponibili sul suo canale Vimeo. Nell'attesa che anche i lungometraggi godano di una maggiore diffusione.
The Adventure of the Married Couple (realizzato nel 2013, durata 11'). Opera ispirata al racconto "L'avventura di due sposi" di Italo Calvino, letto però in chiave pessimista. Lei è operaia diurna e si occupa della tappatura di bottiglie di vetro, lui è il guardiano notturno di una fabbrica di manichini. In bianco e nero e senza dialoghi, un apologo sull'incomunicabilità di una coppia, la cui crisi si evidenzia attraverso la donna: il suo sguardo sempre malinconico (molto bello il primo piano intravvisto dietro allo scorrere della linea di montaggio), il distrarsi dal lavoro quando il superiore invita una collega in ufficio. Iconico il prefinale coi manichini. Straordinarie le riprese conclusive della fabbrica.
Act, Harekat (realizzato nel 2011, durata 10'). Documentario in bianco e nero sulla sclerosi multipla, girato all'interno di un ospedale. I pazienti spiegano la malattia sia in termini oggettivi che di esperienza personale: come nasce e si sviluppa, cosa provoca, cosa significa esserne affetto per la società circostante e in famiglia. Suggestivo il breve incipit con suoni e immagini manipolati, di per sé eloquenti le immagini dei corpi, su cui l'autore giustamente non indugia. Inevitabile ripensare alla pietra miliare "The House Is Black".
Broken Border (realizzato nel 2012, durata 18') Karimi approda nel Kurdistan iraniano al confine con l'Iraq e filma, senza giudicare, la quotidianità delle comunità locali dedite al contrabbando di petrolio. Abbandonato il bianco e nero per il colore (comunque dominato dal bianco dei paesaggi innevati), contrappuntando le immagini con didascalie di poesie ed espressioni di saggezza popolare, l'autore si concentra sugli strumenti e le attività dei trafficanti (es. la ferratura dei muli), ostacolate - di fatto- solamente dall'ambiente impervio. Ritaglia inoltre una significativa sequenza sull'educazione dei bambini, che si concentra sulla materia che più influenza le loro vite: la geografia. L'attenzione al sociale e il talento fotografico sono i consueti ma, nei luoghi già immortalati magistralmente da Bahman Ghobadi, Karimi non firma la sua opera più personale.
The Children of Depth (realizzato nel 2011, durata 26') Documentario sulla giustizia minorile in Iran. Le interviste a detenuti (spesso rei di furto d'automobile), parenti, avvocati, giudici sono filmate frontalmente, a colori su sfondo nero, in penombra, senza musiche. Le contrappuntano immagini musicate e in bianco e nero: carrellate su fotografie o brevi sequenze, che catturano scampoli di vita dei bambini. Sparse, classiche interviste a esperti del settore (ma non parti in causa nei processi): sociologi, antropologi, giuristi. Per un lavoro dal minutaggio consistente, il regista adotta uno stile tendenzialmente più essenziale, che giova all'intento divulgativo. Ma non risparmia un crudo affondo finale: istantanee su impiccagioni e punizioni corporali (cui per ironia della sorte sarà egli stesso condannato), una fotografia che vira sul bianco e nero più cupo, ma al contempo il disvelamento dei volti sorridenti dei giovani, prima oscurati. Ne esce un'opera di grande qualità.
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