Opera prima della regista, classe '79 (la seconda è in post-produzione), e primo film iraniano di fiction a tematica transgender. Per qualcuno è uno dei migliori film iraniani degli ultimi 15 anni.
Una vicenda con due protagonisti: Eddie, nato Adineh (specifichiamo che è un nome femminile) e Rana. Due persone di estrazione sociale diversa e con problemi diversi. Il primo ha una condizione economica agiata; ha iniziato la cura ormonale per diventare uomo ma, orfano di madre, si scontra con la transfobia del padre ("tutti hanno figli, io ho problemi"), che gli vuole imporre il matrimonio con il cugino. Attende così il passaporto per espatriare di nascosto e operarsi. La seconda è alle prese con problemi economici. Il marito Sadegh è in carcere, ci sono piccolo Ali da mantenere e le rate dell'automobile. Per farvi fronte, all'insaputa di Sadegh fa la taxista come secondo lavoro, accettando a bordo solo donne. Si imbatte così in Eddie, costretto ancora a girare con fattezze femminili. Rana pensa che la misteriosa ospite sia coivolta in traffici loschi. Quando le viene rivelata la verità lo shock è tale da farle causare un incidente. Ma è l'inizio di una relazione dapprima difficoltosa, che sfocerà in complice e affettuosa amicizia.
Se il tema motore del racconto è uno ed è chiaro, l'autrice lo svolge non solo con parteciprazione, ma anche con la capacità di evitare le trappole retoriche intrinseche e gli schematismi (salvo in una sequenza parecchio forzata: Rana che rimprovera Ali per aver indossato un hijab). Innanzi tutto sa bilanciare l'attenzione sui due personaggi principali, sottolineando più volte, grazie alla struttura dello script, come il focus non sia esclusivamente sul transessuale: anzi il percorso interiore è più marcato in Rana, di cui il film svela il passato, ma costruisce anche la maturazione: l'incontro con Eddie produce dapprima repulsione violenta, poi capacità relativa di comprensione - senza superamento di alcuni pregiudizi culturali e religiosi - fino alla propositività nell'aiutare concretamente la persona cara. Lo sguardo su Eddie è invece principalmente retrospettivo e proiettato più sull'azione (l'espatrio) che sulla crescita psicologica, presumibilmente già avvenuta.
La compenetrazione delle due vicende è esplicitata, oltre che nel titolo, nelle due sequenze d'apertura, dedicate una a ciascuno, con l'audio della seconda che però si insinua nella prima. Ma anche, in seguito, nel momento più poetico della pellicola: dopo l'incidente e la dimissione di Rana dall'ospedale, i due si raccontano le proprie miserie in dialoghi fuori campo perfettamente alternati, mentre la macchina da presa sorvola i dintorni innevati di Teheran.
Negar Azarbayjani ha poi la capacità indubbia - non è un luogo comune! - di rendere la storia universale, potenzialmente ambientata ovunque, al netto delle peculiarità normative locali.
Il padre di Eddie è interpretato da Homayoun Ershadi. Tutti lo ricordiamo come indimenticato protagonista de "Il sapore della ciliegia". Fu il suio debutto: Abbas Kiarostami cercava un non professionista e scelse lui, che in seguito ha intrapreso una regolare carriera d'attore. Lo incroceremo nuovamente.
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