giovedì 3 ottobre 2019

Libro: Conversations With Kiarostami, di Godfrey Cheshire (2019). Intervista all'autore

Nella vasta bibliografia dedicata al più studiato dei registi iraniani, una delle migliori uscite di sempre, che speriamo venga tradotta in italiano. Una lunga conversazione che ripercorre, film dopo film, compresi i più rari e invisibili, tutta la filmografia di Abbas Kiarostami fino a "Il vento ci porterà via" (1999). Il regista getta nuova luce sulla propria opera, svelando una miriade di aneddoti e segreti di lavorazione, incalzato dalle argute domande di un critico competente e attento. 

Veterano della critica cinematografica americana, autore per New York Times, Variety, Film Comment, The Village Voice, Interview, Cineaste, Godfrey Cheshire ha gentilmente concesso questa intervista al blog.




Lei è un critico molto importante, ed è uno dei principali divulgatori del cinema iraniano negli USA. Qual è stato il suo primo impatto con il cinema di Abbas Kiarostami?

Ho incontrato per la prima volta il cinema iraniano quando la rivista "Film Comment" mi ha chiesto di coprire il primo festival di film iraniani post-rivoluzionari che si è svolto a New York, nell'autunno del 1992. Anche se cerco sempre di tenermi informato sul cinema internazionale, non ero al corrente di una qualche attività significativa in Iran, quindi sono rimasto completamente stupito dalla qualità dei lavori che ho visto in quel festival: il numero di registi affermati e di film eccellenti. A quel tempo Kiarostami non era considerato dagli iraniani il loro regista più grande, ma sono rimasto particolarmente colpito dalla sua opera. Ho considerato il suo "Close-Up" uno dei film più incredibili che avessi mai visto, e mi sono piaciuti molto anche "Dov'è la casa del mio amico" e "E la vita continua"..


Lei suddivide, con molto acume, la carriera di Kiarostami in tre periodi di circa 15 anni l'uno. Ce li può riassumere?

Chiamo il primo periodo "Kanun". Il Kanun è l'istituto in cui Kiarostami ha lavorato, il Centro per lo sviluppo intellettuale dei bambini e degli adolescenti. È il periodo di prima che diventasse noto fuori dall'Iran. Corre tra il 1970 e il 1985 e comprende numerosi cortometraggi e mediometraggi oltre a due lungometraggi drammatici, "Il viaggiatore" e "The report" e al documentario "Gli alunni della prima classe".

Il secondo periodo, il periodo "Capolavori", va dal 1986 al 1999 e comprende i sette film che hanno reso Kiarostami famoso nel mondo: "Dov'è la casa del mio amico", "Compiti a casa", "Close-Up", "E la vita continua", "Sotto gli ulivi", "Il sapore della ciliegia" , "Il vento ci porterà via".

Il terzo periodo, che va dal 2000 fino alla sua morte nel 2016, lo definisco il periodo "Sperimentale". Include film drammatici digitali a basso budget, cortometraggi e documentari; film come "Five", "Shirin" e "24 Frames" che meritano di essere classificati come sperimentali; e due lungometraggi di sceneggiatura realizzati fuori dall'Iran, "Copia conforme" e "Qualcuno da amare".


Tra i suoi film preferiti c'è "L'abito di nozze", che non è uno dei più famosi. Ci spiega l'importanza e la bellezza di questo film?



"L'abito di nozze", un film di un'ora che Kiarostami ha realizzato a metà degli anni '70, è una commedia su due adolescenti che vogliono prendere in prestito un abito da un ragazzo che lavora da un sarto. Ha un sacco di umorismo, astuta osservazione sociale, psicologia interessante, persino un po' di suspense. Rappresenta i punti di forza del lavoro di Kiarostami nel periodo "Kanun" che porterà alla svolta internazionale di "Dov'è la casa del mio amico".


4) Ha avuto modo di chiacchierare con Kiarostami anche in merito ai film del terzo periodo? Ci sarà un 'Convesrations Vol. 2'?

Sfortunatamente no. Sono rimasto in contatto con Kiarostami ma non ho più interviste dopo il 1999. Tuttavia, molti dei pezzi che ho scritto sul suo lavoro, incluso il periodo "Sperimentale", saranno nel mio prossimo libro, "In the Time of Kiarostami: Writings on Iranian Cinema", che spero uscirà il prossimo anno.






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