In una casa di campagna, i partecipatissimi preparativi per le nozze di Pasandide (Negar Javaherian) sono funestati dalla morte dello zio della sposa, che spira mentre sta cercando di inghiottire un cubetto di zucchero. Il clima diventa funebre, i tanti colori lasciano il posto al nero. Lo spettacolo deve proprio andare avanti?
Un film che osserva i riti collettivi della società iraniana. Risalta soprattutto per una messa in scena che organizza magistralmente i tanti attori (ben diretti, bambini compresi) spesso compresenti nelle inquadrature, sfruttando al meglio i movimenti di macchina e la profondità di campo.
Le conseguenze del dramma si insinuano nella commedia in maniera sottile, forse anche troppo, rendendo il punto di vista critico non così semplice da cogliere: basta una zolletta a far vacillare equilibri sociali (più che familiari) forse non così solidi, la decisione della sposa di vestirsi a lutto indica che rompere con la tradizione è possibile, laddove lo si voglia. Daltronde è lei stessa a decidere, nel finale, di spegnere le luci dell'appartamento, mentre la centralina fa le bizze.
Opera di dettagli, poco esportabile: in Italia è passata solo al Lucania Film Festival. Il regista Reza Mirkarimi, che dimostra indubbio mestiere, ha scelto un percorso istituzionale diventando direttore del Fajr, il principale festival iraniano. La Javaherian, attrice prolifica, da noi si è vista in "Melbourne" di Nima Javidi.
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