Terzo film del regista, che adatta una sua piéce, e primo successo di pubblico. Pur essendo inserito nel ciclo "Teheran Noir" del Cinema Ritrovato di Bologna, "Chahar Rah-E Havades" è assimilabile al filone tradizionale del melò iraniano anni '50, con alcuni elementi di crime story. Contribuisce non poco alla nascita di un vero sistema industriale per il cinema del paese.
Farid, giovane contabile di una fonderia costretto anche a lavori da operaio, è troppo povero per la sua amata, che cede alle pressioni della famiglia e gli preferisce un uomo di mezza età con auto di lusso, e villa con giardino e fontane da lustrarsi gli occhi. Per poi pentirsi. Tormentato dal denaro, Farid si fa cooptare dal vicino di casa galeotto Salim, evaso dal carcere, e cerca di svaligiare una gioielleria. Una ragazza cagionevole lo redime, diventa la sua compagna, ma è vinta dalla malattia. Come è ovvio, si ricostituisce la coppia iniziale.
Una sequenza da incorniciare, per l'uso discreto del fuori campo, è quella della morte del padre di Farid. Né Salim né i gendarmi che lo inseguono si accorgono inizialmente del cadavere. Questi ultimi, anzi, pensano che sotto il lenzuolo si nasconda il fuggitivo. Buone anche le scene di inseguimento, merito di un bianco e nero contrastatissimo, e la sequenza del furto, per la suspense. Tanta approssimazione però in tutto il resto, spesso al limite del dilettantesco: dalle ingenue sovrimpressioni, alla scena in cui la figura del protagonista si sdoppia e il Farid-fantasma funge da diavolo tentatore, presto affiancato dalla silhouette di Salim. L'attore protagonista Naser Malek Motiee diventerà celebre nel paese, ma qui ha la rigidità e l'espressività di un pezzo di legno.
Il finale doveva contenere quello che, a detta del curatore della rassegna, è il primo bacio nella storia del cinema iraniano, ma da Teheran è arrivata una copia priva di quei pochi, decisivi fotogrammi. Qualcuno dopo il 1979 ha censurato la sequenza; chissà chi e quando.
Per lo spettatore italiano, non passa inosservata la presenza in colonna sonora di una versione tradotta di "Torna a Surriento".
La produzione è della Diana Film Studio, proprietà di membri della minoranza etnica armena, cui lo stesso regista appartiene. Anche la troupe comprende tanti armeni che qui esordiscono e che molto daranno al lato tecnico del cinema iraniano.
La produzione è della Diana Film Studio, proprietà di membri della minoranza etnica armena, cui lo stesso regista appartiene. Anche la troupe comprende tanti armeni che qui esordiscono e che molto daranno al lato tecnico del cinema iraniano.
L'attrice protagonista Vida Ghahremani oggi insegna recitazione e lingua persiana in California.
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