Naser Taghvai è uno dei maggiori esponenti della prima Nouvelle vague iraniana, che si sviluppa negli anni 60 e 70. In questi anni dirige l'importante "Tranquillity in the Presence of Others" (1973), tratto da Gholamhossein Saedi come il quasi contemporaneo "The Cow" di Dariush Mehrjui. Parallelamente lavora per la televisione dove realizza, tra le altre cose, documentari sulla popolazione multietnica che abita le sponde del Golfo Persico e sulla poetessa (e documentarista) Forough Farrokhzad.
Superata la censura dello scià, che colpisce il film sopra citato, Taghvai sopravvive artisticamente anche alla rivoluzione del 1979. Poco prolifico, con "Captain Khorshid" (Nakhoda Khorshid) firma comunque una pellicola classificata dalla rivista "Film" tra le migliori della storia del cinema iraniano.
Dell'esperienza giovanile, ritroviamo sia l'interesse per la letteratura (e il cinema persiano non è certo noto nel mondo per gli adattamenti), sia l'ambientazione. "Captain Khorshid" è tratto da "Avere e non avere" di Ernest Hemingway, già portato sullo schermo da Howard Hawks per l'interpretazione di Humphrey Bogart e Lauren Bacall; "Acque del sud" il titolo italiano. Taghvai sposta la vicenda da Cuba al Golfo Persico e ne fa un film prettamente maschile. Il motivo è che, date le nuove regole censorie sul velo obbligatorio per le donne, come dice il regista "è diventato impossibile girare film sull'era Pahlavi", dove è collocata questa storia.
Khorshid è lo skipper di una piccola imbarcazione, senza un braccio ma con tanta energia, dedito al contrabbando di sigarette. Quando un carico viene sequestrato dalle autorità e dato alle fiamme, i problemi economici lo spingono ad accettare la proposta, di un nuovo arrivato, di aiutare i criminali a espatriare. L'affare si complica in maniera tragica.
La messa in scena è classica, ma esemplare per come organizza i movimenti di più attori nella stessa inquadratura. Le trovate visive non mancano: personalità che sbarcano portate in spalla dai locali, un uomo che indossa un sacchetto in testa, e via dicendo, Gli ultimi venti minuti, sul mare, denotano una tensione e una tenuta drammatica rimarchevoli, con venature western. Ma proprio per questo il film è stato poco esportabile. E se lo spettatore estero ha reclamato e continua a reclamare maggiore originalità, non è necessariamente il capriccio di chi insegue l'esotico.
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