sabato 2 febbraio 2019

O Iran, Naser Taghvai (1989)




Mentre si rincorrono le voci su moti rivoluzionari in corso nel paese, un manipolo di soldati della gendarmeria dello scià, in un villaggio di montagna, accoglie il nuovo comandante: il sergente Makvandi, un uomo goffo, baffuto e dalla voce stridula. Tra arresti arbitrari, l'installazione di una nuova fortezza in mezzo alle case, e altre azioni arroganti, il sottufficiale si aliena immediatamente la simpatia degli abitanti del posto, dai commercianti a cui non paga i debiti contratti dalla moglie, a un insegnante di musica malmenato in strada, ai suoi alunni. Quando i malumori dilagano, attribuisce la colpa ai 'traditori' e ai tudeh (comunisti) e annuncia la legge marziale. Un messaggio confidenziale gli intima di revocare il coprifuoco. Un altro gli annuncia che sarà promosso generale, in una giornata di 'celebrazione e... inno'.

Stimato documentarista etnografico, Naser Taghvai, reduce dal classico "Captain Khorshid",  realizza una satira sulla fine del regime monarchico, ottuso e incapace di entrare in sintonia con l'abituale semplicità della vita quotidiana delle persone, ma anche male equipaggiato per condurre una violenza sistematica. Abile metteur en scene, il regista, pure sceneggiatore, si affida alla commedia dagli immediati effetti buffi, partendo da un cast capitanato dal celebre comico Akbar Abdi (e in cui compaiono un soldato nano e un commilitone altissimo...). Ma, oltre alle gag slapstick, il film trova momenti intensi nella vivacità anticonformista dei bambini e in sequenze come quella dell'assolo di violino cui tutta la scuola presta ascolto, approdando a un finale solenne: quando l'insegnante di musica deve intonare l'inno imperiale "O Iran" (Ey Iran), di cui aveva modificato il testo per abbellirlo formalmente, il coro accompagna una sommossa; ne esce un canto della Rivoluzione.
Sarà un caso che il film è realizzato nel decennale degli eventi del 1979?

Inedito in Italia, meno noto di altri lavori di Taghvai.






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