venerdì 22 settembre 2023

Quattro registi iraniani in corsa per l'Oscar


Sono quattro i registi iraniani candidati all'Oscar per il miglior film internazionale.

Mentre l'Iran ha designato "The Night Watchman" di Reza Mirkarimi, altri registi persiani si contenderanno il premio.

L'Australia ha infatti candidato "Shayda" Noora Niasari,  con Zar Amir Ebrahimi, l'attrice di "Holy Spider".

Notizia recente è la scelta della Svezia: "Opponent" di Milad Alami, con Peyman Mooadi (nella foto), già protagonista di "Una separazione", primo film iraniano premiato con la prestigiosa statuetta.

Infine, A distanza di 25 anni dalla sua ultima presentazione il Tagikistan ritorna in corsa inviando come proprio rappresentante  "Melody" del regista iraniano Behrouz Sebt Rasoul.

martedì 5 settembre 2023

Tatami (Guy Nattiv, Zar Amir Ebrahimi, 2023)

In Orizzonti arriva il film co-diretto dall’iraniana Zar Amir Ebrahimi (l’attrice di Holy Spider) e l’israelinao Guy Nattiv. Diciamo subito che è uno dei film più apprezzati dal pubblico veneziano.

È la storia della judoka iraniana Leila (una pazzesca Arienne Mandi) e la sua allenatrice Maryam (la stessa Zar Amir Ebrahimi) che partecipano al campionato mondiale di judo a Tbilisi, intente a portare a casa la prima medaglia d’oro dell’Iran. A metà dei campionati le due donne ricevono però un ultimatum da parte della Repubblica Islamica, che ordina a Leila di fingere un infortunio e ritirarsi, per evitare di incontrare un'atleta israeliana, sarebbe un'onta per l'Iran e lei sarebbe bollata come traditrice dello Stato. Con la propria libertà e quella della sua famiglia in gioco, Leila si trova di fronte a una scelta impossibile: obbedire al regime iraniano, come la sua allenatrice Maryam le implora di fare, o continuare a combattere per l’oro? 

Sport e politica da sempre sono legati e spesso gli eventi sportivi vengono usati per dare lustro a un paese, il caso recente del calcio in Arabia Saudita è fin troppo evidente, ma ci sono stati centinaia di altri episodi, dai famosi boicottaggi americani e sovietici delle Olimpiadi fino a episodi più piccoli che hanno toccato diversi paesi. 
Tatami è il primo lungometraggio codiretto da una regista iraniana e da uno israeliano e ha il pregio di avere un valore politico chiaro, è una dichiarazione rivolta al mondo sulla libertà di un essere umano, ovviamente guarda alle migliaia di iraniani innocenti che stanno lottando per la propria libertà. Anche se basato su una storia vera il film ha il pregio di essere universale perché, come Leila, ci sono tantissimi altri atleti che hanno perso la opportunità sportiva della vita e sono stati talvolta costretti a lasciare il proprio Paese e i propri cari a causa del conflitto tra sistemi e governi. 

Tatami è un film commovente e angoscioso, dal punto di visto della messa in scena è girato in bianco/nero e 4:3 per rendere evidente la claustrofobia fisica e psicologica che subisce la giovane protagonista. I due registi realizzano una sorta di thriller emozionante e riescono benissimo a rappresentare l’angoscia di Leila e trasmetterla così a noi spettatori con una regia avvolgente che vuole farci entrare nel tatami con la giovane ragazza ma che allo stesso tempo ci allontana e allarga lo sguardo universalmente.

Tatami è sicuramente grido alla libertà molto apprezzato dal pubblico veneziano, ha ricevuto forse il più grande applauso della Mostra e si candida a premi importanti. È un film che auspica una pace evidentemente, vuole andare oltre le frenesie dell’odio cieco e della distruzione reciproca. Il film è stato acquistato per l’Italia da Bim e ci auguriamo venga presto visto anche dal pubblico italiano.

Claudio Casazza 



venerdì 1 settembre 2023

Anche Ali Asgari messo al bando

 

Ennesimo caso di restrizioni a un regista iraniano. Questa volta è toccato ad Ali Asgari, cineasta legato all'Italia, poiché ha studiato al DAMS di Roma Tre. Il prossimo ottobre uscirà nelle nostre sale per la prima volta un suo film, distribuito con il titolo di "Kafka a Teheran", che è proprio la pietra dello scandalo. L'opera è co-diretta da Alireza Khatami, che su Facebook ha commentato: "Non ci faremo silenziare".

Di seguito il dettaglio del provvedimento, come riportato da "Variety"



Al regista iraniano Ali Asgari , il cui ultimo film “ Versetti terrestri ” (co-diretto da Alireza Khatami) è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, le autorità iraniane hanno vietato di lasciare il paese e di dirigere film fino a nuovo avviso.

Unico film iraniano presente nella selezione ufficiale di Cannes quest'anno, “Terrestrial Verses” ha ottenuto un caloroso riscontro di critica al festival, dove è stato proiettato nella sezione Un certain Regard, ed è stato venduto da Films Boutique in tutto il mondo. Ma quando Asgari è tornato in Iran dopo la prima, gli è stato confiscato il passaporto dalle autorità locali per impedirgli di partecipare ad altri festival internazionali. Nel tentativo di metterlo a tacere, il regime iraniano ha anche minacciato di mandarlo in prigione, come è successo ad altri registi iraniani schietti. Solo un paio di settimane fa, Saeed Roustae e il suo produttore sono stati condannati a sei mesi di prigione per aver proiettato il loro film “ Leila's Brothers ” allo scorso  Cannes e gli è stato anche vietato di fare film.




Aftab mishavad -The Sun Will Rise (Ayat Najafi, 2023)



Il film di apertura delle Giornate degli autori, sezione autonoma della Mostra del Cinema di Venezia, è l’iraniano "Aftab Mishavad," un film sicuramente interessante che merita un discorso approfondito. Siamo a Teheran nell’ottobre 2022, un gruppo teatrale sta provando la commedia greca "Lisistrata" di Aristofane. Durante una scena nella quale i vecchi stanno assaltando l'Acropoli conquistata dalle donne di Atene il gruppo di teatranti apprende di essere circondato dalle forze anti-sommossa che stanno marciando intorno all'edificio per sedare una grande manifestazione. Sono le proteste, quasi una rivolta, iniziate dopo la tragica morte di Mahsa Jina Amini avvenuta sotto la custodia della cosiddetta polizia morale.
È bene ricordare che "Lisistrata" è il primo testo oggi noto che tratti il tema dell'emancipazione femminile, non solo tramite il lamento patetico - a questo avevano già pensato le tragedie, una per tutte la "Medea" di Euripide - ma attraverso una collaborazione tra donne che appaiono consapevoli delle loro possibilità nell'imporre la propria volontà agli uomini. L'intento di Aristofane era rappresentare un 'mondo alla rovescia' dove il comando viene preso da chi di solito è sottomesso, con lo scopo di ottenere non la parità dei sessi (argomento ancora impensabile a quei tempi e in effetti non trattato nellìopera) ma la pace.

La scelta di questa commedia si lega al discorso che il regista iraniano vuole fare per tratteggiare l’Iran attuale. Infatti vediamo che nel film mentre il gruppo teatrale prova lo spettacolo la realtà irrompe prepotente. Il rumore della strada diventa quasi subito assordante e entra nelle prove dello spettacolo. Nella sala prove crescono paura e rabbia, e i giovani iniziano a interrogarsi. Alcuni preferiscono nascondersi, altri, guidati dall'attrice protagonista, vogliono scendere in strada e combattere a fianco delle persone che protestano. Nonostante i disaccordi, una cosa è chiara per tutti: il gruppo non vuole continuare a mettere in scena lo spettacolo durante questo tentativo di rivoluzione. Sono le attrici a prendere le decisioni, si ribaltano i ruoli e il regista viene messo in minoranza. Iniziano tutti a porsi interrogativi importanti: che senso ha fare teatro quando succede tutto ciò in strada? Protestare è più importante di un stupido spettacolo? Perché fare arte quando fuori tutto brucia?

L'ingresso improvviso di quattro sconosciuti dalla strada cambia ancora di più il discorso, trasporta la spaventosa realtà dell'esterno in questo ambiente chiuso e isolato. Il gruppo rimane nella sala prove per tutta la notte, tentando delle improvvisazioni sulla base delle storie che accadono fuori, usando i corpi e le abilità recitative come forme di disobbedienza civile.

Come dicevano inizialmente il film è molto interessante per questo dialogo che viene rappresentato e costruito, "Aftab Mishavad" è strutturato su quattro linee narrative: la commedia "Lisistrata", il documentario sulla creazione dello spettacolo, il dialogo tra attori e il regista, e la strada che prende il sopravvento su tutto il resto.
È bene ricordare che il film è stato girato in totale segretezza, per questa ragione i volti dei protagonisti non ci sono, ovviamente per tutelare l’identità delle persone ma anche per simboleggiare la censura sempre presente nel cinema iraniano. Il film è perciò un susseguirsi di piedi, corpi, nuche, ombre, quasi dei fantasmi che recitano e ragionano dentro questo momento storico così importante nella storia dell'Iran. Non tutto funziona perfettamente, a tratti si percepisce una costruzione eccessiva, ma "Aftab Mishavad" è film che fa pensare moltissimo e ha il merito di raccontare come l’Iran odierno e la sua giovane generazione sono davvero a un punto di non ritorno.


Claudio Casazza