giovedì 11 aprile 2019

Un dramma nella Rivoluzione: l'incendio del cinema Rex

Quest'anno ricorre il quarantennale della Rivoluzione iraniana. Uno degli episodi più drammatici di quegli eventi fu l'incendio del cinema Rex di Abadan - la città sul Golfo Persico che ha dato i natali ad Amir Naderi - avvenuto il 19 agosto 1978.




Non si trattò di un caso isolato: i fondamentalisti islamici avevano preso di mira le sale cinematografiche, colpendone e danneggiandone un terzo del totale. Per queste fazioni, i film incarnavano la corruzione morale del paese e l'opprimente influenza dell'Occidente, riscontrabile anche nelle pellicole prodotte in patria. Un rigetto che andava ben oltre la semplice iconoclastia della tradizione dell'Islam.  

Proprio contro il rischio di attentati, le autorità avevano sigillato dall'esterno le uscite di sicurezza del Rex. In programma c'era "The Deer" di Masoud Kimai, un film nient'affatto di propaganda governativa, ma che affronta temi delicati, o scabrosi dal punto di vista dei fanatici, come la tossicodipendenza e il contrabbando. Oggi è considerato uno dei capolavori del cinema nazionale.

Quattro persone si introdussero nel locale, ciascuno di loro portando ciò che appariva come una confezione di snack, ma che in realtà conteneva benzina. Nel corso della proiezione, due di loro si allontanarono come per andare i bagno; cosparsero invece di liquido infiammabile le porte di legno e i corridoi della sala, e appiccarono il fuoco. L'incendio andò avanti quasi tutta la notte, le urla delle vittime si protrassero per ore e si udirono a centinaia di metri di distanza. Il numero dei morti è tuttora indefinito, varia dagli oltre trecento ai circa settecento, a seconda delle fonti. Un uomo perse dieci figli nell'attentato.

Mentre il governo accusò subito dell'incendio l'opposizione religiosa, dal suo esilio iracheno Khomeini convinse gran parte dell'opinione pubblica che i responsabili fossero lo scià e la Savak, la polizia politica. Ovviamente nessuno poteva rivendicare un'azione dagli esiti così atroci, ma il dramma, oltre a scuotere enormemente la città e la nazione, rafforzò il consenso degli ayatollah. Indagini e testimonianze successive, compresa quella di uno dei piromani, hanno accertato l'appartenenza dei terroristi a milizie vicine a esponenti di primo piano del clero sciita.




Sappiamo bene che la Repubblica islamica non ha nemmeno oggi un rapporto pacificato col cinema e con la libertà di espressione artistica. Tuttavia, dopo essersi assicurati gli scranni del potere, Khomeini e i suoi non si sono dichiarati contrari al cinema in assoluto, ma hanno consentito la realizzazione di film sottoposti a nuove ferree regole censorie. Non prima però di aver adottato misure draconiane contro i produttori e i cast più in vista del passato regime e contro gli stessi vecchi film, fatti sparire o rimaneggiati pesantemente.

Quanto alla tragedia del Rex di Abadan, è rimasta salda nella memoria collettiva. È stata inoltre raccontata in tanti documentari e rievocata in film di finzione come "In the Alleys of Love" di Khosrow Sinai.












sabato 6 aprile 2019

Asghar Farhadi al Film Middle East NOW. Estratti video

Estratti dalla masterclass tenuta da Asghar Farhadi il 6 aprile 2019 al Film Middle East Now di Firenze. L'interprete è Babak Karimi, gli interlocutori sul palco sono il critico e giornalista Marco Luceri, e il docente di critica cinematografica Luigi Nepi.



La lezione comincia con una domanda sulla formazione del regista e sui suoi rapporti con la storia del cinema iraniano e italiano. Il video è stato pubblicato sulla pagina Facebook del Festival.





I seguenti filmati sono di Cristina Bianciardi, a cui vanno mille ringraziamenti.

Il primo si sovrappone al precedente, ma include il prosieguo della risposta sul cinema italiano:




In questo estratto si parla di "About Elly" e dell'impiego del sonoro e delle musiche:




Sul'incipit di "Una separazione" e sul lavoro di Farhadi con gli attori:




venerdì 5 aprile 2019

Tangsir, Amir Naderi (1973)



Da una storia realmente accaduta. Una donna ha come unica fonte di ricchezza un bue, che però impazzisce e viene involontariamente abbattuto da Zaer Muhammad (Behrouz Vossoughi), umile scavatore di pozzi. Per risarcirla, l'uomo insegue gli investitori disonesti - un consorzio di notabili - a cui, secondo usanza, aveva affidato i risparmi di una vita. 

Film ambientato nell'arido sud-ovest iraniano, da cui proviene lo stesso Amir Naderi che, al terzo lungometraggio, con "Tangisr" sceneggia e dirige l'opera che gli dà la grande notorietà in patria, grazie anche ai lauti finanziamenti di una produzione che gli consente di impiegare il colore e il Cinemascope. Base di partenza è il romanzo omonimo di Sadegh Choubak (oltre a un racconto di Rasoul Parvizi), secondo il connubio caratteristico della Nouvelle Vague iraniana tra un giovane regista e un affermato scrittore non allineato col regime dello scià. Ma è l'unica volta in tutta la carriera che Naderi adatta un soggetto non suo. I tangsirs, verso cui il protagonista rivendica appartenenza e gli antagonisti riversano sprezzo, sono gli abitanti di Bushehr, città sul Golfo Persico che ha dato i natali a Choubak.

Il divo Vossoughi, la cui fama al culmine gli consente di indirizzare il progetto contando più del produttore e del regista, interpreta il suo classico personaggio orgoglioso, che brama la giustizia e la raggiunge tramite la vendetta violenta.
Tuttavia l'individuo, maschio, provinciale, che insegue in solitudine e con tenacia il miraggio del denaro, prenderà le sembianze di tanti protagonisti, spesso adolescenti, dei film di Naderi. Lo stile del cineasta non è però ancora quello dei lavori più celebri a livello internazionale, caratterizzato da pochi dialoghi e un'espressività affidata alle immagini e al sonoro.
Resta vossoughiano l'approdo della vicenda, con i residenti del quartiere che, ribellandosi alle massime autorità locali, si uniscono a un eroe costretto a praticare il male per far trionfare le ragioni dell'uomo onesto, retto da principi incarnati nella tradizione.
Fatto sta che nella filmografia del regista si inscrive un'opera per lui atipica, nonché grossolana e manichea, che assume connotati rivoluzionari preludendo ai rivolgimenti che si apprestano ad investire il paese.




La locandina di "Tangsir" è mostrata dall'uomo anziano, nostalgico dei personaggi di Vossoughi, in "Tre volti" di Jafar Panahi.


Sottotitoli in italiano scaricabili cliccando QUI.

giovedì 4 aprile 2019

Desiderium - Sooteh-Delan, Ali Hatami (1977)



Habib (Jamshid Mashayekhi), uomo devoto e virtuoso, gestisce un negozio che affitta posate per cerimonie. Vive con il fratellastro Majid (Behrouz Vossoughi), malato di mente. Dietro consiglio medico, per calmarlo Habid assolda la prostituta Aghdas (Shohreh Aghdashloo), di cui Majid si innamora fino a volerla sposare.

Dramma dolceamaro di contrasti, tra semplicità e complessità, purezza e corruzione, che sfocia in una storia d'amore impossibile tra due emarginati, pur indagando anche i sentimenti inappagati degli altri personaggi. Siamo sempre in ritardo, chiosa laconicamente Habib nell'ultima battuta delle straordinarie sequenze finali.

Molto efficace l'interpretazione di Vossoughi, in un personaggio puro e fragile, bulimico di film americani di cui scimmiotta gli eroi, lontanissimo dal suo ruolo abituale del 'duro'. Non comuni nemmeno le scene di seduzione con Aghdas, che colpiscono per la delicatezza con cui trasmettono sensualità.

Per la rivista "Film" è il terzo miglior film iraniano di sempre.

Shohreh Aghdashloo farà carriera negli Stati Uniti, ottenendo un Emmy e una nomination agli Oscar.


Recensione in memoria di Jamshid Mashayekhi, scomparso il 2 aprile 2019.