giovedì 17 novembre 2016

The Night It Rained, Kamran Shirdel (1967)


Articolo di Alessandro Arpa. Il film si può vedere qui con sottotitoli in ingelse


MOHAMMAD, DIMMI TU, DOVE SIEDE LA VERITÀ?

Nel 1967, un fatto di cronaca riempie i rotocalchi iraniani. Lungo i binari, distrutti da un’inondazione, corre un treno merci…il triste epilogo, oramai, sembra già scritto. Ma ecco che, all’orizzonte, un tenue fuoco segnala il pericolo al capotreno. Ad ardere, aldilà delle rotaie crollate, è la giacca di Mohammad Esma’il, un bambino del piccolo villaggio di Lamlang, nella regione di Gorgan. La notizia si diffonde nella comunità rurale e capillarmente in tutte le realtà vicine fino a raggiungere Teheran e le alte cariche. Il Ministero della Cultura e dell’Arte commissiona, quindi, al regista Kamran Shirdel un documentario che racconti il gesto eroico del bambino. Nasce "The Night It Rained or The Epic of Gorgan Village Boy". Ma si sa che l’indiscreto mormorio provinciale maschera molte volte la verità e ciò che sembra attendibile si trasforma. Le ombre lentamente si colorano e quelle che fino ad allora erano considerate certezze vengono rivalutate e, passate al vaglio, mostrano la loro essenza.
Se la prima parte del documentario di Shirdel assume un tono etnografico e, a tratti neorealista, ritraendo minuziosamente, anche se in maniera didascalica, la desolazione e l’aridità che contraddistingue il territorio del Gorgan, la seconda parte è organizzata come fosse un’inchiesta volta a stabilire la fattualità dell’episodio. Svelati i trucchi della settima arte, attraverso un’impostazione meta-cinematografica tipica della tradizione iraniana, il regista avvia una serie di interviste a coloro che, direttamente, hanno partecipato alla vicenda [Figura 1]. 


 
Ad essere intervistati sono: i dipendenti della ferrovia, il sindaco di Lamlang, il capo della polizia, il redattore di una testata giornalistica iraniana e l’insegnante del villaggio. Le varie testimonianze portano alla luce inesattezze e controsensi e, inevitabilmente, si vengono a creare differenti linee di pensiero. Da una parte, c’è chi crede che il piccolo Mohammad sia l’eroe della vicenda mentre, dall’altra, una piccola cerchia, formata dal giornalista ed il capotreno, cerca di districare le trame di una storia dal carattere epico che, secondo loro, è stata ricamata ad hoc dai concittadini del bambino. Accanto alla sua scrivania, severo, il giornalista di un noto quotidiano iraniano, nega ogni coinvolgimento di Mohammad nell’episodio e, a sostegno della sua tesi, apporta un numero considerevole di notizie capaci di stravolgere le più ferme convinzioni degli spettatori. Ad avvalorare la tesi sono le scelte sul montaggio prese da Shirdel. Ad esempio, l’intromissione misteriosa e reiterata di un frame che mostra un uomo, di cui non si conosce il volto (verrà mostrato solo al termine del lungometraggio), ripetere che tutto ciò che è stato raccontato è una menzogna, una sordida messinscena dei cittadini di Lamlang [Figura 2]. 


 
La possibilità che la storia fosse, in realtà, interamente inventata, non fu ben accolta dal Ministero della Cultura che, infatti, decise di confiscare e vietare la diffusione del film nonché di espellere Shirdel dalla sua carica. A distanza di sette anni (nel 1974), il film partecipò alla terza edizione del Teheran International Film Festival, classificandosi al primo posto. E il sottile limite tra verità e finzione sbiadisce. Seppure Shirdel propone una sua personale lettura dei fatti, non può che spettare a noi l’ultimo giudizio. Siamo con Mohammad o contro?








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