Nel cinema iraniano, l’automobile non è solo un mezzo, ma una vera e propria arena narrativa. Nasim Naghavi, studiosa di cultura visiva, lo dimostra in un saggio che analizza come l’interno di un’auto diventi uno spazio intimo e altamente simbolico in film come Dieci di Abbas Kiarostami e Taxi Teheran di Jafar Panahi.
Per molti registi iraniani, girare scene all’interno di un’auto non è solo una scelta estetica o logistica, ma una precisa strategia narrativa. Nell’Iran contemporaneo, dove lo spazio pubblico è fortemente regolamentato, l’abitacolo diventa il teatro di una “mobilità sociale” che riflette tensioni di classe, genere e identità. È dentro un’auto che i personaggi si confessano, litigano, si mettono a nudo, spesso protetti – o intrappolati – da una lamiera sottile.
Interessante è la riflessione di Naghavi sul ruolo delle donne in questi microcosmi mobili. In una società in cui la libertà femminile è sorvegliata, l’auto offre – seppur temporaneamente – un angolo di autonomia: un luogo in cui togliere il velo, parlare liberamente, o semplicemente guidare, può assumere un significato profondamente politico.
Quello che emerge è una visione stratificata e critica dello spazio urbano iraniano: non solo strade, palazzi o piazze, ma anche le auto che lo attraversano diventano luoghi vivi e carichi di senso.
Articolo completo: Navigating Class, Gender, and Urban Mobile Spaces – Nasim Naghavi (MDPI)
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