sabato 20 ottobre 2018

The Key, Ebrahim Forouzesh (1986)


Lasciato solo in casa, chiuso a chiave dalla madre andata a fare la spesa, il bambino Amir Mohammed deve accudire il fratellino in fasce e badare anche al canarino, alla pentola sul fuoco, all'appartamento. Non tutto è alla sua portata, inoltre i vicini sentono l'odore del cibo cotto e i pianti del neonato. Dunque, meglio per lui trovare la chiave di scorta e aprire il portone per avere aiuto.

Lungometraggio di circa un'ora e un quarto, "The Key" (Kelid) è un tipico, per quanto precoce, e riuscitissimo esempio di produzione del Kanun, L'Istituto (statale) per l'educazione del bambino e dell'adolescente, nel cui alveo sono nati i film che hanno fatto conoscere il cinema iraniano nel mondo. Non a caso schiera due dei fondatori della sezione cinema dell'Istituto: alla regia Ebrahim Forouzesh, alla sceneggiatura e al montaggio Abbas Kiarostami.

Assolumente caratteristico, del Kanun ma anche del cinema del più celebre e prolifico Kiarostami, è il percorso del protagonista, scaturito da un unico, semplice evento, ma tremendamente complicato e tortuoso nel suo sviluppo. Abbandonato, e separato anche metaforicamente da barriere fisiche, dagli adulti  - che pure si stringono in comunità per aiutarlo -, del tutto assente la figura paterna, il bambino è costretto a ingegnarsi e a maturare precocemente, senza darsi mai per vinto. E se in altri film le scorrettezze pedagogiche erano di piccola entità, in questo caso Amir Mohammed scatena una vera e propria distruzione creatrice, mettendo a soqquadro l'ambiente circostante per piegarlo alle sue esigenze. "The Key", giustamente, si interrompe sulla soglia dell'abitazione, a missione compiuta, lasciando i consueti non detti, per esempio il motivo del ritardo della madre.

Un piccolo, memorabile gioiello, purtroppo poco conosciuto.




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