mercoledì 28 giugno 2017

Strike, Samuel Khachikian (1964)



Un breve prologo "gotico" ci introduce al dramma di Jamal (il solito Arman), un impiegato che, a causa della malattia della moglie (e di qualche bicchiere di troppo), non ha i soldi per pagare l'affitto di un'umile stamberga. La figlia Shirin è però corteggiata dal facoltoso dottor Kourosh. Il tema, tipico del cinema iraniano del periodo, delle differenze di ceto è portato dall'autore al parossismo: se lo status di medico, utile per esigenze di sceneggiatura, non costituiva un divario sufficiente, ecco che si attribuisce al protagonista la discendenza dinastica necessaria per permettergli di sfoggiare una villa faraonica. Questa prima parte di "Strike" (Zarbat) si distacca dagli altri, rumorosissimi film di Khachikian, per la scarsità di musiche. Con il prosieguo si tornerà alla norma...

Le insidie arrivano da Hossein, collega di Jamal ma anche delinquente e ludopatico. Invaghito di Shirin, svuota la cassaforte dell'ufficio e offre il bottino al collega in cambio della figlia. Jamal riesce a liberarsi fisicamente di lui e, non appena il triangolo del melò perde un vertice, l'autore proietta il protagonista in un percorso con tutti i crismi del noir/horror. La pellicola diventa fracassona, barocca, spettacolare. Tutto a scapito dei personaggi, il cui sviluppo si arresta, e delle relazioni che rimangono in abbozzo, compromettendo l'esito di un progetto che poteva vantare una struttura davvero inusuale. Un esempio per tutti: la madre di Kourosh, che aveva appioppato un ceffone a Shirin e l'aveva liquidata con un laconico 'tu non sei del nostro rango', alla fine la accoglie a braccia aperte senza motivo né alcun passaggio intermedio.

Il medico è interpretato da Abdollah Bootimar, già protagonista di "Anxiety". Anche Reza Beik Imanverdi arriva da quel film e... si porta dietro il coltello.
Assistenti alla regia: Masoud Kimiai e Khosrow Haritash.

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