L'autrice parte di un articolo di Virginia Woolf sul cinema pubblicato dalla rivista "Arts" nel 1926, in cui la scrittrice si lamenta degli stereotipi narrativi in cui cadono i pochi film che le capita di vedere, e brama pellicole capaci di far vedere il pensiero. Ilaria Gatti si muove da queste valutazioni in una direzione estremamente libera, che oltrepassa i rari adattamenti cinematografici dei libri della Woolf per approdare ad alcuni film della storia del cinema in cui è possibile ritrovare uno sguardo scevro da certe convenzioni, basato su stimoli visivi o anche sonori, e che magari la Woolf avrebbe amato.
Uno degli autori di riferimento per questa ricerca è, come da titolo, Abbas Kiarostami; ma ciò che colpisce è come, nell'anno di pubblicazione del volume, sia tutto il cinema iraniano a rappresentare una vera scuola, originale e innovativa.
Un intero capitolo del libro, intitolato "Égard-Regard" è dedicato quasi esclusivamente alla cinematografia persiana: la prima parte "Lo sguardo e il rispetto" affronta cinque film di Kiarostami. Nella trilogia costituita "Dov'è la casa del mio amico", "E la vita continua" e "Sotto gli ulivi", i campi lunghissimi e totali sottolineano la discrezione della mdp attraverso la distanza. Seguono riflessioni su "Il sapore della ciliegia" e "Il vento ci porterà via".
La seconda parte del capitolo, "Sguardi infantili" si concentra su "Il palloncino bianco" e "Lo specchio" (sono frequenti le sequenze in cui gli attori fingono di non voler rimanere tali o decidono di abbandonare il set o pretendono radicali cambiamenti alla loro parte) di Jafar Panahi, "Il silenzio" di Mohsen Makhmalbaf (mostra l'automatica ma consapevole autodifesa dell'interiorità infantile nei confronti del mondo adulto, non solo aggressivo e caotico, ma anche sgradevole e dissonante), "Piccoli ladri" di Marziyeh Meshkini. Il quinto film passato in rassegna è italiano, "Domenica" di Wilma Labate, ma presenta clacson, rumori, voci, richiami per i vicoli: proprio come la Teheran di tanto cinema iraniano.
Uno degli autori di riferimento per questa ricerca è, come da titolo, Abbas Kiarostami; ma ciò che colpisce è come, nell'anno di pubblicazione del volume, sia tutto il cinema iraniano a rappresentare una vera scuola, originale e innovativa.
Un intero capitolo del libro, intitolato "Égard-Regard" è dedicato quasi esclusivamente alla cinematografia persiana: la prima parte "Lo sguardo e il rispetto" affronta cinque film di Kiarostami. Nella trilogia costituita "Dov'è la casa del mio amico", "E la vita continua" e "Sotto gli ulivi", i campi lunghissimi e totali sottolineano la discrezione della mdp attraverso la distanza. Seguono riflessioni su "Il sapore della ciliegia" e "Il vento ci porterà via".
La seconda parte del capitolo, "Sguardi infantili" si concentra su "Il palloncino bianco" e "Lo specchio" (sono frequenti le sequenze in cui gli attori fingono di non voler rimanere tali o decidono di abbandonare il set o pretendono radicali cambiamenti alla loro parte) di Jafar Panahi, "Il silenzio" di Mohsen Makhmalbaf (mostra l'automatica ma consapevole autodifesa dell'interiorità infantile nei confronti del mondo adulto, non solo aggressivo e caotico, ma anche sgradevole e dissonante), "Piccoli ladri" di Marziyeh Meshkini. Il quinto film passato in rassegna è italiano, "Domenica" di Wilma Labate, ma presenta clacson, rumori, voci, richiami per i vicoli: proprio come la Teheran di tanto cinema iraniano.
Piccoli ladri
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Tornerà mai, quest'ultimo, ad essere un punto di riferimento a livello mondiale?
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