sabato 1 gennaio 2022

Yalda (Massoud Bakhshi, 2019)


La ventiseienne Maryan ha accidentalmente ucciso il sessantacinquenne marito - e benestante datore di lavoro - Nasser Zia, mentre era incinta di suo figlio, e ha già scontato 15 mesi di carcere. Solo Mona, l'unica figlia della vittima, può salvarla dalla pena di morte. Probabilmente lo farà in diretta tv nel corso della trasmissione "La gioia del perdono" in onda la notte di Yalda.

Secondo lungometraggio di fiction, dopo il non riuscitissimo crime "A Respactable Family" (2012), di Massoud Bakhshi, regista che si era creato una solida reputazione in patria con l'interessante documentario "Tehran Has No More Pomegranates!" (2006).
Gran premio della Giuria al Sundance Festival - il più alto riconoscimento per un film non statunitense, "Yalda" è arrivato un po' in ritardo in Italia rispetto ad altri paesi europei per colpa della pandemia, che gli ha precluso la sala e lo ha dirottato per pochi giorni su Sky e NOW Tv.

La coproduzione internazionale si avvale di un cast déjà vu che, a fianco della protagonista Sadaf Asgari (già a Venezia in "Disappearance"), schiera l'habitué Babak Karimi, Fereshteh Sadre Orafaiy ("Il palloncino bianco", "Il cerchio") e Behnaz Jafari ("Lavagne", "Tre volti").

Il chiaro obiettivo è portare alla ribalta alcune peculiarità dell'ordinamento della Repubblica Islamica.




Lo spettatore può infatti scoprire cosa sono Yalda - la festa che si celebra la notte del solstizio di inverno - o il matrimonio temporaneo, indignarsi contro la pena di morte, un sistema del diritto oneroso per i poveri, un istituto islamico a dir poco controverso come quello del perdono che, nella società dello spettacolo, lava la coscienza di tutti coloro che lo sbandierano in pubblico: i parenti delle vittime, le trasmissioni televisive, gli stessi spettatori chiamati demagogicamente al televoto sulle sorti capitali delle persone, il sistema politico che ipocritamente si fregia della magnanima possibilità di salvar vite.

Se quest'ultimo tema anticipa "Un eroe", il film di Asghar Farhadi di imminente uscita, come gli altri argomenti riecheggiano i restanti lavori del premio Oscar, una prevedibile schematicità nello svolgimento ridimensiona l'importanza di "Yalda", affiancandolo più che altro ai drammi morali di Vahid Jalilvand ("Un mercoledì di maggio", "Il dubbio - Un caso di coscienza").

Da un lato è indubbio quanto dichiarato dal regista a Chiara Zanini:

Quello che mi piace del personaggio principale del mio film, Maryam, è che non capiamo mai se è completamente innocente o colpevole. Penso che non lei sia un angelo, soprattutto perché ha accettato di sposare un uomo più vecchio di suo padre, sedotta dalla sua vita lussuosa. Ma allo stesso tempo è vittima dell'avidità di sua madre e, come Lei ha detto, del giudizio preliminare e dell'errore di giudizio delle persone dopo questa morte accidentale.

Dall'altro lato, escludendo la protagonista, gli altri personaggi non sono certo ben caratterizzati né complessi, a partire dall'antagonista Mona, con la sua inflessibile ostilità verso Maryam, con cui si confronta faccia a faccia in trasmissione.




In ogni caso, "Yalda" rientra in un filone che caratterizza il cinema iraniano recente, votato in prevalenza - ma non solo - all'export, di cui costituisce un buon esemplare. 

Rimarchevole è soprattutto la cupa fotografia di Julian Atanassov, che conferisce specificità cinematografia a quest'opera così notturna, evitando l'effetto tv filmata.


1 commento:

  1. Visto all'hotel alpe di siusi 3 stelle https://www.hotelflorian.it/it.html

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